IT12CR02

AS (2012) CR 02

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2012

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(Prima parte)

ATTI

della seconda seduta

Lunedì 23 gennaio 2012, ore 15.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Andrea RIGONI (Italia, ALDE / ADLE)

(Doc. 12830)

Grazie Presidente.

Per prima cosa anch’io voglio salutarla e augurarle come nuovo Presidente dell’Assemblea buon lavoro con la certezza che farà crescere la credibilità della nostra Assemblea parlamentare.

Voglio parlare di quello che ritengo il più grande spettacolo dopo il big bang, cioè le elezioni parlamentari in Russia del 4 dicembre. Ci vogliono decenni, questo è il mio parere, per raggiungere gli standard del nostro Consiglio d’Europa. Tuttavia rimane il fatto che la Russia procede a passi troppo lenti, dobbiamo dirlo. Anzi, tende a identificare lo Stato con il partito di maggioranza, riproducendo un modello di un tempo che in democrazia non esiste. Mi rendo conto che non è facile gestire un Paese così grande, doppio del resto dell’Europa, diciassette milioni di chilometri quadrati con nove fusi orari, una società molto variegata per reddito, cultura, costumi, tradizioni e persino lingua. Eppure i Russi non sono contenti. Ho partecipato insieme a Tiny KOX all’osservazione parlamentare. Non sono contenti. Vogliono essere più europei.

All’estero, la credibilità è diminuita, tanto che alle ultime elezioni del 4 dicembre tutti dicono che queste elezioni sono poco credibili. Del resto, i risultati di domenica vedono il partito di governo anche in difficoltà. La verità è che i Russi e soprattutto i giovani, vogliono che il paese si avvicini all’Europa. Vogliono segni di concreto cambiamento. Vogliono che anche in Russia si apra il processo della democrazia.

Per la prima volta ho percepito un certo nervosismo e uno stato confusionale anche in chi decide le sorti in Russia. Troppi condizionamenti a favore del partito di governo. Credo che sia arrivato il momento che la maggioranza che oggi ha Russia Unita venga utilizzata per aprire un necessario e indispensabile nuovo processo di riforme. Un salto indietro nel buio oggi porterebbe a situazioni antiche. Credo che ci sia bisogno di una nuova generazione di politici che faccia la lotta alla corruzione, alla burocrazia che soffoca il Paese, che faccia affermare definitivamente il valore di una magistratura indipendente dal potere politico ed economico, che affermi un sistema di mass media libero e la possibilità di manifestare il proprio pensiero.

Penso che si debba aprire una fase nuova che dovrebbe consigliare a chi governa oggi la Russia, una strada di apertura verso la democrazia piuttosto che rinchiudersi in se stessi. Dobbiamo aiutare, incoraggiare e sostenere la Federazione Russa e chi la governa sulla strada di profondi cambiamenti che siano duraturi e irreversibili. E dobbiamo anche insistere perché si vada verso un’apertura delle istituzioni pubbliche della società civile. La Russia è a un bivio. Mi auguro che chi guida quel Paese colga questa grande occasione. In fondo l’Europa non chiede molto al Cremlino. È quello che chiedono tutti i Russian People. Chiedono per il 4 marzo elezioni presidenziali, un voto onesto.

Giacomo SANTINI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 12830)

La ringrazio, Presidente.

Anch’io saluto con tutta la cortesia e l’affetto del caso la Sua Presidenza. Il discorso fatto questa mattina costituisce un continuo ideale per il bilancio che il Presidente ÇAVUSOGLU ci ha presentato. Devo dire che quest’aula ha guadagnato da questo incontro e da questa staffetta un requisito importante: un po’ più di dinamismo, una specie di respiro democratico più grande, più avanzato che l’Assemblea deve continuare a produrre.

C’è anche un forte significato geopolitico, mi rivolgo al Presidente ÇAVUSOGLU, nel fatto che un cittadino della Turchia abbia presieduto questa Assemblea in un momento in cui tutta Europa discute ancora di questo grande e importante Paese come candidato all’ingresso dell’Unione Europea, come partner di una crisi, di un problema che qui abbiamo discusso più volte, quello con Cipro. Ma sicuramente, di un Paese che ha fatto grandi passi in avanti, verso una occidentalizzazione, augurandomi che il termine non sia tradotto in senso negativo. La Turchia è un Paese moderno, ormai in grado di dialogare alla pari con tutti i Paesi dell’Unione Europea e anche del mondo.

Quindi, devo dire che il Presidente ÇAVUSOGLU ha saputo imprimere questo timbro di grande modernità pur venendo da una società molto particolare, e devo anche aggiungere che l’immagine che la Turchia ha sempre avuto, quella di porta dell’occidente verso l’oriente oggi ha guadagnato un qualche cosa di apertura, una porta che sempre di più diventa luogo di transito, di dibattito e di confronto democratico. Nel bilancio dell’attività svolta spicca il ruolo assunto dal Consiglio d’Europa in alcuni avvenimenti che hanno caratterizzato un po’ tutto il mondo ma in particolare quelli della cosiddetta primavera araba, che non sono poi così lontani dalla Turchia, avvenimenti che hanno sconvolto e cambiato il volto di molti Paesi avviandoli in molti casi verso una difficile trasformazione democratica.

Di questo parleremo in maniera più approfondita nel dibattito che seguirà quando ci occuperemo di una visita che la Commission d’intégration ha fatto in Turchia, in alcuni campi profughi in cui vengono raccolti i fuggiaschi dalla Siria. Non immaginiamo che i problemi del Nord Africa siano risolti con i tentativi di dare assetti democratici ai Paesi che conosciamo. C’è la Siria che è un focolaio ancora aperto e purtroppo acuto.

Fra gli altri temi molto interessanti, la risoluzione sull’impatto del Trattato di Lisbona sul lavoro del Consiglio d’Europa. Il dialogo con le istituzioni dell’Unione Europea è fondamentale per rivitalizzare un pochino la nostra attività e togliere un po’ di polvere dalla storia del Consiglio d’Europa. E infine faccio qui un appello al nuovo Presidente, il collega MIGNON, quello di aprire sempre di più questa Assemblea ai giornalisti, alla stampa, alle opportunità di fare sapere verso l’esterno quello che dibattiamo in questa Assemblea ma soprattutto le posizioni che assumiamo. Solo allora anche i nostri oltre sessant’anni di storia avranno trovato una nuova giovinezza.

Giacomo SANTINI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

Dibattito libero

Il tema che desidero proporre è la tragedia nella tragedia: la tragedia del popolo siriano che è fuggito dal suo paese e che si trova ospite di campi profughi in Turchia. Proprio con il collega CHOPE che ha appena finito di parlare e con le colleghe STRIK e ACKETOFT, durante l’estate abbiamo compiuto una visita come delegazione ad hoc della Commissione Migration des Réfugiés. Abbiamo visitato due campi profughi siriani nella parte meridionale della Turchia, una comprendeva mille ottocento ospiti e l’altro circa tremila cinquecento. Erano tende alla luce del sole, quaranta gradi all’ombra, e in quel momento sicuramente la soluzione sembrava destinata a essere provvisoria, la crisi siriana esisteva da due o tre mesi, e sembrava che prima dell’inverno tutto si dovesse risolvere.

Noi sappiamo invece che non è così. Abbiamo incontrato molte persone dignitosamente povere, scappate dalla loro casa ma non profughe. Non gente che intendeva imbarcare in mare per venire in Europa, ma tutti hanno precisato che provvisoriamente si erano spostati in quei campi perché minacciati dal regime di Assad. Tutta gente che vuole e voleva tornare nella propria casa.

Molti erano professionisti che erano stati costretti alla fuga soltanto perché avevano espresso un’opinione critica nei confronti del regime pubblicamente o perché erano stati fotografati in piazza durante una manifestazione. La loro grande dignità ha restituito all’immagine del profugo quello che dovrebbe essere sempre in ogni angolo del mondo: un cittadino che sta aspettando una condizione migliore di vita nel proprio paese ma che non fugge, anzi vuole contribuire a cambiare l’assetto demografico.

Tutti in coro ci hanno rivolto un unico appello: perché non interviene l’ONU? Che cosa fa la NATO? Che cosa aspetta l’Europa? Una signora ci ha detto: “Che cosa aspettate? Che Assad ci uccida tutti?” In quel momento erano quattrocento i morti e circa quattromila le persone considerate disperse o incarcerate. Oggi il bilancio è impreciso ma si parla di migliaia di morti e molte decine di migliaia di persone scomparse. Terribili gli episodi di violenza che sono stati raccontati a noi e anche terribile la sfiducia che questa gente ha manifestato nei confronti dell’Europa e dell’Occidente in genere.

Sappiamo che l’Unione Europea ha varato in questi giorni la sua undicesima sanzione: Assad non la tiene in considerazione. Anche la delegazione della Lega araba che ha lavorato un mese come osservatrice ha lasciato un vuoto preoccupante. Assad non ha tenuto conto di nessuna delle raccomandazioni e intanto, sotto quelle tende, dove c’erano quaranta gradi all’ombra durante l’estate scorsa, in questo momento c’è il crudo duro inverno dell’Anatolia.