IT12CR25

AS (2012) CR 25

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2012

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(Terza parte)

ATTI

della venticinquesima seduta

Giovedì 28 giugno 2012, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Renato FARINA (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 12981)

Grazie Signor Presidente.

Innanzitutto una piccola osservazione sul titolo. Si parla di dibattito d’urgenza, ma poi di fronte alla parola “urgenza” c’è un titolo che pare non avere nulla di urgente: “La crisi della transizione democratica in Egitto”, cioè un titolo neutro. L’urgenza invece voleva, secondo me, caratterizzare il rischio che c’è per i cristiani copti di essere schiacciati da un eventuale processo di transizione islamista alla democrazia, cioè una democrazia che ha solo i voti con sé ma non i diritti umani.

C’è un po’ troppa timidezza tra noi nell’usare la parola “cristiano” in questa Assemblea. Se si fosse trattato di altre religioni l’avremmo sicuramente messa. Questo lo dico sapendo quello che dico e sapendo anche che in passato, anche quando c’era Mubarak, personalmente e nel Parlamento italiano mi sono occupato dei diritti dei copti, che non sono una minoranza perché una minoranza è qualcosa che arriva dopo, ma sono coessenziali nella storia dell’Egitto. Dunque una preoccupazione di non avere paura di chiamare le cose con il loro nome, di usare le parole giuste.

I Fratelli Musulmani hanno da sempre un’ideologia che si è caratterizzata non tanto per la modernizzazione dell’Islam, quanto per la volontà di islamizzare la modernità. Questo è il grande problema, la grande questione di oggi. Il presidente Morsi, nei primi suoi atti, si è mosso molto bene, devo dire. Si è mosso nella direzione della garanzia di un’uguaglianza di diritti. Ha convocato il capo ad interim della comunità copta, il vescovo Pachomius, e ha garantito tutta la libertà possibile immaginabile. Bisogna vedere poi cosa si fa dopo le dichiarazioni di principio. Anche assegnare la vice presidenza a un cristiano e a una donna non vuol dire nulla perché la figura del vice presidente non è mai esistita in Egitto. Mubarak ne ha sempre fatto a meno, quindi potrebbe essere solo una carica ornamentale, senza seguito operativo e pratico. Perché proprio questa è la questione: che cosa c’è dietro le parole?

Durante questi anni, dopo la rivoluzione di piazza Tahrir, abbiamo assistito a molte parole. Poi, il 9 ottobre, c’è stata una manifestazione che ha registrato 27 cristiani copti uccisi e 329 feriti. A questo massacro hanno partecipato l’esercito e altri estremisti. L’indagine che è stata promessa finora ha messo sotto accusa solo i cristiani. I cristiani copti continuano a fuggire dall’Egitto. C’è una diaspora di cristiani copti. Circa 40/50 al giorno arrivano sulle coste italiane. Questo significa che non c’è nessuna tranquillità. Con una delegazione del Parlamento italiano in marzo mi sono recato in Egitto e abbiamo incontrato il vescovo Marcos. Di fronte alle sua residenza c’era una manifestazione di protesta dei Fratelli Musulmani e dei salafiti che sostenevano che aveva allargato illegalmente gli uffici. Questa era la libertà pratica, mentre un’ora prima, il capo dei Fratelli Musulmani ci aveva detto che garantiva tutto.

Dall’altra parte c’è un manifesto importante fatto nel settembre dell’anno scorso dall’Università al-Azhar, dove si parla di uguaglianza e di dialogo. Ma nello stesso tempo ecco che si propone la Sharia come base della legislazione. È chiaro che esiste un problema e cioè quello di paragonare le parole e i gesti ai fatti concreti della vita quotidiana. Per questo io chiedo che ci sia una fortissima attenzione, quasi una tutela, in particolare verso chi oggi è sottoposto a una pressione che già c’era prima di Mubarak, ma che oggi rischia di essere peggiore.

Per ultima cosa vorrei chiedere un’attenzione particolare alla situazione del Sinai che è in mano a bande di predoni che schiavizzano i profughi eritrei e somali, purtroppo probabilmente con la complicità del vicino Israele. Su questo vorrei chiedere una forte attenzione. Finora il governo egiziano non ha posto nessuna attenzione a questo tema.

Grazie.

MARCENARO (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 12981)

Ringrazio l’Onorevole GARDETTO per il suo rapporto. Come sapete preparerà un rapporto per l’Assemblea su questo problema e quindi disporrà di tutte le condizioni necessarie per seguire gli ulteriori sviluppi e approfondire la sua analisi. Però c’è stata una ragione per la quale noi abbiamo deciso un dibattito d’urgenza sulla questione dell’Egitto. E questa ragione è semplicemente che noi tutti sappiamo come la questione dell’Egitto sia una questione cruciale, una questione cruciale naturalmente per il ruolo chiave che questa regione gioca. Noi non possiamo mai dimenticarlo: l’Egitto è un punto chiave per la pace nella regione e forse nel mondo. Lo ha giocato in tutti questi anni che sono alle nostre spalle e questa è quindi è una questione molto importante. Tuttavia l’Egitto svolge anche un ruolo chiave perché l’Egitto e il Cairo sono un centro culturale nel quale si formano e si decidono orientamenti che hanno un grande peso in tutto il mondo islamico. Perché l’università di al-Azhar, insieme a quella di Fez in Marocco, o all’università di Tunisi, sono i grandi centri di elaborazione culturale e chi ha fiducia nel futuro di un Islam democratico e che sa che lo sviluppo di un Islam democratico è la condizione per un’evoluzione democratica dell’insieme della situazione, sa quanto sia importante l’elaborazione del confronto culturale che avviene appunto in questi centri.

Naturalmente per questo noi in questo momento così cruciale nel quale è evidente che un conflitto è aperto e diverse strade sono possibili, noi facciamo sentire la nostra voce. È una piccola voce, non siamo né il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, però siamo un’organizzazione che presidia dei principi e che può parlare perché ha la forza della propria coerenza. Naturalmente l’analisi di questa situazione ci dice anche che dobbiamo imparare a capire che il cammino della democrazia non è un cammino lineare e rettilineo. Diceva una studiosa italiana qualche giorno fa, Nadia Urbinati, che la democrazia non è un’armonia: la democrazia è una cacofonia, è un insieme di conflitti. Lo è qua da noi, per forza, figuriamoci in un paese dove la posta in gioco è così importante e le esperienze sono così diverse. Per questo credo nell’importanza di questa discussione, nell’importanza del rapporto presentato dall’Onorevole GARDETTO e nell’importanza di continuare questo lavoro. Perché la Tunisia e il Marocco sono molto importanti ma senza l’Egitto, la rivoluzione araba non esiste. Le cose stanno così e il fatto che l’Egitto si sia mosso a un certo punto e che abbia dato questo senso generale e questo messaggio universale a quello che è capitato, per questo noi che siamo attenti a ogni paese e che costruiamo relazioni con tutti i protagonisti, dobbiamo sapere che questo è il punto nel quale la partita si gioca nel modo più decisivo.

Grazie.

MARCENARO (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Dibattito di attualità: Le istituzioni europee e i diritti dell’uomo in Europa)

Grazie Signor Presidente.

Io però svolgo un intervento strettamente a titolo personale e non come presidente della Commissione politica. Non voglio ripetere le cose che hanno detto i colleghi GROSS e KOX e le cose così importanti che hanno detto Anne BRASSEUR e tanti altri che sono intervenuti e non voglio neppure rivolgermi all’Unione europea.

Io voglio parlare al Segretario generale del Consiglio d’Europa, il signor JAGLAND. Noi abbiamo intrapreso da anni un lavoro di riforma che ha puntato a dare al Consiglio d’Europa un assetto che gli permetta di svolgere i suoi compiti concentrandosi sui temi fondamentali, sul nostro core business. Il Segretario generale deve sapere che se non si realizza su questo punto un rapporto e un’intesa con l’Unione europea, il suo lavoro in questo ambito è fallito. Perché non esiste alcuna possibilità che questo lavoro di riforma possa avere uno sbocco positivo se a questo non corrisponde una razionalizzazione del quadro delle istituzioni europee sui problemi dei diritti dell’uomo che permetta che questo lavoro abbia uno sbocco.

Ci sono tanti aspetti da discutere che riguardano in generale i problemi della democrazia, ma c’è una questione immediata e cioè che questo punto deve diventare, per quanto riguarda il Segretario generale, una priorità e un mandato che l’Assemblea gli conferisce su questo punto. Abbiamo bisogno di sapere se nel negoziato, nei rapporti politici e non solo nelle dichiarazioni alla stampa, che sono molto importanti, c’è qualcuno che prende in mano questa questione e la affronta e la gestisce. Se non c’è, dobbiamo saperlo.

Grazie.