IT12CR26

AS (2012) CR 26

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2012

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(Terza parte)

ATTI

della ventiseiesima seduta

Giovedì 28 giugno 2012, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Giacomo SANTINI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 12949)

Grazie Presidente.

Anche io voglio ricordare che la Tunisia ha dato il la ad una svolta democratica storica in tutta l’Africa settentrionale con la famosa primavera araba. A questa primavera non sono succedute dappertutto le estati e gli autunni fecondi. Da altre parti l’esempio della Tunisia non è stato copiato alla perfezione, se pensiamo a quanto è accaduto in Libia, a quanto ancora succede in Egitto, ma soprattutto al disastro della Siria, che stiamo vivendo tutti, più o meno, direttamente. Qualcuno dovrebbe prendere lezione dalla capacità che ha avuto la Tunisia di avviare sì una rivoluzione, ma tutto sommato pacifica e democratica e che dopo questo momento di vivacità -definiamolo così- ha saputo organizzare democraticamente il proprio paese. L’Assemblea costituente, come abbiamo sentito dalla relatrice, è al lavoro e sta operando in maniera più che positiva.

Bisogna forse ancora risolvere la cosiddetta “questione identitaria”, ovvero il possibile riferimento alla Sharia come fonte di diritto nel progetto costituzionale. Si tratta di un tema che aveva già animato un forte dibattito e che appartiene alla Tunisia. Credo che nessuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa possa aiutarla in questa scelta. I lavori dell’Assemblea proseguono senza particolari sussulti e nel 2013 avremo le elezioni presidenziali.

Noi italiani siamo vicini alla Tunisia, lo siamo sempre stati. Non per ragioni soltanto geografiche, ma per interessi comuni di carattere culturale, storico e anche economico. Il processo di transizione democratica in atto in Tunisia e il rilancio delle relazioni bilaterali costituiscono un impegno fortissimo per l’Italia e quindi indirettamente anche per tutta l’Unione europea. Vorrei ricordare il viaggio che ha compiuto a Tunisi il Presidente della Repubblica italiana poco più di un mese fa. In occasione di quel viaggio sono stati portati a termine importanti accordi bilaterali in molti settori, per esempio un partenariato privilegiato che attraverso l’Italia coinvolge anche gli altri paesi dell’Unione europea.

Ma mi piace segnalare, come risultato concreto, quella dichiarazione congiunta che è stata firmata ed è istitutiva di un partenariato strategico rafforzato che prevede anche accordi precisi nell’ambito dell’immigrazione, un settore particolarmente delicato e non solo per l’Italia, che ne è comunque il principale interessato. Con questo accordo si prevedono precise azioni per quanto riguarda la lotta all’immigrazione clandestina, ma anche politiche chiare e promozioni di azioni di aggiornamento e formazione per quanto riguarda la politica dell’immigrazione legale. Fare conoscere, insomma, a chi vuole emigrare che può farlo senza ricorrere ai boat people e alle forme non corrette.

È un impegno che si inquadra negli sforzi di tutta l’Unione europea in vista della conclusione di Partenariati di mobilità e sicurezza -che partono dalla Tunisia ma coinvolgono il Marocco e auguriamoci altri paesi- volti a dare una gestione condivisa del fenomeno dell’immigrazione attraverso politiche che assicurino un’adeguata rilevanza alle aspettative dei giovani che chiedono di emigrare e che provengono dai paesi della sponda sud.

In questo modo si porrà fine anche al doloroso fenomeno dell’immigrazione clandestina, dell’immigrazione economica e ancora di più al doloroso contro fenomeno che obbliga l’Italia e gli altri paesi al provvedimento del rimpatrio forzoso. Tutto questo potrà essere ottenuto con il dialogo, con la mano tesa e con una reciproca collaborazione.

Grazie.

MARCENARO (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 12949)

Grazie Signor Presidente.

Io non aggiungo nulla alla relazione così importante di Anne BRASSEUR. Una relazione che non parlava di tutti i problemi, che non nascondeva le preoccupazioni ma che esprimeva una fiducia politica, come deve essere la fiducia. Una relazione che diceva che non abbiamo il diritto di dare lezioni e di questo vorrei parlare un momento. Non abbiamo diritto di dare lezioni perché quando Ben Jaafar si batteva per la democrazia, i nostri governi -parlo almeno di quello italiano, francese e altri- preferivano fare affari con il clan Ben Ali. Dovremmo avere l’onestà di ricordarlo.

Non abbiamo diritto di dare lezioni perché prima di dire quali dovrebbero essere i diritti in Tunisia dovremmo dire quali sono i diritti che noi riconosciamo alle tunisine e ai tunisini che stanno nei nostri paesi. Come sono trattati, come vivono, che possibilità hanno. Se non facciamo questo, siamo noi ad applicare quei double standard di cui ci lamentiamo poi quando si parla altrove.

Sono molto emozionato perché ho avuto il privilegio di conoscere Ben Jaaraf e i suoi compagni quando erano una minoranza perseguitata, non quando erano uomini come adesso che sono alla testa di una nazione e che io spero ne guidino positivamente il cambiamento. E per questo io ho fiducia. E richiamo tutti a usare il vocabolario con attenzione. Nella parola “islamista” c’è qualcosa che io non riesco a capire. C’è l’Islam e c’è una grande cultura islamica. Stiamo attenti perché io troppo spesso sento in questa polemica contro l’islamismo una qualche islamofobia che sta anche dentro di noi.

Ringrazio di nuovo i nostri amici per l’onore che ci hanno fatto di essere qua.

Giacomo SANTINI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 12950)

Grazie Presidente.

Vorrei evidenziare un dato che non ho sentito: che stiamo parlando di un popolo giovane e di giovani. Dicono le statistiche che il 60% dei rom ha meno di 18 anni e che in questo popolo di giovani ben il 47% va dai 6 ai 14 anni. Ma ci sono anche riferimenti meno allegri e ben più amari. In questa statistica si legge che le donne rom hanno un’aspettativa di vita inferiore di 17 anni rispetto alle altre donne. Gli uomini vivono 13 anni meno degli altri cittadini. Da paese in paese cambiano queste percentuali. Pare si stia molto male in Serbia, dove – dice sempre questa statistica – solo un rom su 60 raggiunge i 60 anni. Ancora peggio va nelle zone in cui i rom vivono di riciclaggio di rifiuti, dove la speranza di vita si ferma a 45 anni.

Abbiamo sentito dal Signor KAWCZYNSKI, che saluto con molta cordialità, alcuni altri dati interessanti: per esempio rom come nomadi. Ma quando? Ormai sono stanziali e in Italia per esempio solo il 2% ancora si sposta. Ma lo fa perché fa dei mestieri nomadi del tipo artigianato oppure è gente di spettacolo. Come fare per rispondere all’accusa, alla domanda più che altro, del Signor KAWCZYNSKI che dice: “La politica combatte i rom invece di risolvere i loro problemi”? Nel rapporto GROTH ci sono alcune raccomandazioni verso gli Stati: innanzitutto verificare la legislazione. Laddove è troppo restrittiva sulla mendicità e sul nomadismo, vedere che non siano leggi su misure contro i rom. E poi altri punti che lascio alla vostra attenzione.

Ecco, solo così, quando si avrà un po’ di più attenzione per i rom, si avrà data loro una cittadinanza, ci si accorgerà che non è gente che va e che viene e che non sappiamo che cosa faccia. Scopriremo magari che è gente che vive accanto a noi, che è gente poco affidabile solo perché non la conosciamo, gente che è da evitare perché non sai che lavoro faccia e quindi, automaticamente, ruba secondo noi. E infine dare ai rom una cittadinanza significa dare loro un volto, un nome, una dignità, un futuro, un ruolo e una responsabilità nella società.

Infine, davvero per concludere, per chi è cristiano, significa anche attualizzare il Vangelo che dice: “Beati gli ultimi”, e che dice ancora: “Tratta il tuo prossimo come te stesso”.

Giacomo SANTINI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 12950, Emendamenti)

Tutti tranne uno, Signor Presidente, il numero 2 che è stato respinto.