IT14CR12

AS (2014) CR 12
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2014

________________

(Seconda parte)

ATTI

Della dodicesima seduta

Martedì 08 aprile 2014, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

 

Maria Edera SPADONI (Italia, NR / NI)

(Doc. 13446)

Grazie Presidente.

La questione della prostituzione è molto complessa e generalmente è trattata secondo due approcci e due visioni: la prostituzione come una violazione dei diritti delle donne con conseguente totale abolizionismo e totale penalizzazione delle attività connesse; la prostituzione anche come attività lavorativa da regolamentare.

Innanzitutto, per affrontare la problematica bisogna evitare di cadere nell’errore di non distinguere i cosiddetti sex-workers dalle vittime di tratta. Non sono assolutamente la stessa cosa. La distinzione tra una persona adulta che sceglie di vendere il proprio corpo per denaro e un’altra il cui corpo è sfruttato contro la propria volontà, è fondamentale quando si discute di prostituzione, schiavitù e libertà.

La realtà è molto varia: dalla prostituta extra-comunitaria, povera, senza permesso di soggiorno, che non ha altre possibilità, a donne che sono disoccupate e non trovano altre possibilità di impiego, fino a quelle che scelgono volontariamente questa professione. Partendo da questo presupposto, per quanto riguarda il paese che rappresento oggi in questa sede, gli ultimi dati ufficiali sul fenomeno della prostituzione risalgono al 2010: settantamila sono le prostitute, oltre nove milioni i clienti con un giro d’affari da cinque miliardi di euro. Allo stato attuale la maggior parte delle prostitute presenti sul territorio italiano sono straniere e nella maggior parte dei casi la loro attività viene gestita da organizzazioni criminali.

A primo impatto si potrebbe dunque pensare a un modello intermedio, a una regolamentazione dell’esercizio della prostituzione con una riduzione del danno sanitario e sociale e la tutela della collettività in relazione a tale esercizio. Oggi la situazione è complessa e sono tante le persone coinvolte. Non si può semplicemente affermare di dover scegliere il male minore per ridurre il disagio provocato dal fenomeno: bisogna piuttosto parlare dei diritti delle lavoratrici del sesso le quali devono avere la possibilità di autodeterminarsi, di auto-organizzarsi.

Trovo ottimo il progetto di un database delle ONG per i sex-workers, quello della piattaforma europea “service for sex-workers” nata per tutelare i diritti dei sex-workers nell’ambito del progetto TAMPEP. Facendo un passo indietro e parlando quindi anche di trafficking, in questo caso siamo di fronte al fenomeno vero e proprio della tratta di esseri umani per cui le vittime vengono reclutate direttamente dai trafficanti mediante l’esercizio della violenza, dell’inganno e della minaccia. Una volta reclutate, le vittime vengono portate dal paese di origine a quello di destinazione seguendo rotte terrestri, marittime e aeree attraversando uno o più paesi di transito. Il fatturato annuo del traffico degli esseri umani ammonterebbe a dieci miliardi di dollari.

Le Nazioni Unite stimano che ogni anno nel mondo milleduecento bambini sono trafficati e sfruttati. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione europea “Trafficking in Human Beings 2013”, che analizza i dati statistici relativi al fenomeno della tratta dell’Unione europea negli anni 2008, 2009 e 2010, l’Italia per tutti e tre gli anni di riferimento è stato il paese con il maggior numero assoluto di vittime identificate o presunte. Una delle maggiori criticità del sistema italiano anti-tratta sta nella carenza di dati ufficiali certi ed aggiornati, utili per comprendere a fondo il fenomeno ed elaborare le migliori strategie di prevenzione, tutela delle vittime e persecuzione dei trafficanti.

Per concludere, un problema da risolvere è quindi innanzitutto aggiornare i numeri del fenomeno del nostro paese come in tutti i quarantasette paesi membri del Consiglio d’Europa e capirne le caratteristiche proprio tramite un approccio comparativo: chiedo quindi se vi sia la possibilità di avviare un’indagine conoscitiva sul tema.

Grazie.

Celeste COSTANTINO (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13446)

Grazie Presidente.

Come ci ha giustamente proposto nella sua relazione il Sig. MENDES BOTA, nessuna discussione politica sulla prostituzione può prescindere dal problema di come contrastare i fenomeni di tratta e sfruttamento. Tuttavia, in questo documento, lo sguardo è troppo schiacciato su un approccio rivolto allo sfruttamento e poco alla complessità della prostituzione.

In Europa si sono andati delineando due grandi modelli. Da una parte, quello adottato dalla Svezia, che è un sistema contestato dai movimenti delle sex-workers perché mentre dichiara di voler proteggere chi si prostituisce punendo i clienti, in realtà provoca non la contrazione dell’industria ma piuttosto un aumento della vulnerabilità delle prostitute. Gli effetti sono quelli della criminalizzazione tout court, dell’aumento della violenza e degli abusi verso le sex-workers, dell’aumento dell’incidenza dell’HIV e di altre malattie sessualmente trasmissibili e del peggioramento delle loro condizioni di lavoro. Dall’altra, il modello di Olanda, Germania e Svizzera, che stabilisce regole e garantisce diritti per chi lavora nel mercato del sesso ma che presenta anch’esso dei limiti, il più grande dei quali è il fatto che in molti casi le sex-workers, che non hanno la cittadinanza europea, sono obbligate a lavorare nel sommerso perché non hanno il permesso di soggiorno.

Fuori dall’Europa c’è un’esperienza che viene poco presa in considerazione, quella della Nuova Zelanda, che è stata l’unica a seguire il principio banale secondo qui è impossibile difendere le persone che si prostituiscono senza una loro diretta partecipazione alle decisioni. Le risorse pubbliche sono investite nel sostegno attivo delle iniziative di mediazione del conflitto, prevenzione e cura sanitaria, lotta allo sfruttamento, alla violenza e alla prostituzione forzata e minorile.

Altra cosa, invece, è la tratta, su cui segnalo una normativa italiana che è discussa come buona pratica in tutto il mondo. Il modello italiano fa i conti con la realtà dei progetti migratori delle vittime di tratta che vorrebbero restare. La sua originalità sta nel fatto che le vittime, anche senza denunciare gli sfruttatori, possono ottenere un permesso di soggiorno per protezione sociale convertibile in permesso di lavoro o di studio, sono sostenute nella ricerca del lavoro e inserite in un percorso d’immigrazione legale. Questa struttura normativa è un modello che dovrebbe essere adottato nel panorama europeo perché è un modo efficace per proteggere le vittime e per condurre una vera lotta alle mafie, che sono quelle che davvero detengono lo sfruttamento delle donne in tutto il mondo. Il Parlamento europeo si è dotato di recente di una Commissione parlamentare antimafia. Io penso che anche il Consiglio d’Europa dovrebbe aprire un focus perché il contrasto agisce sugli ultimi anelli della catena ma non sul sistema criminale che detiene il potere reale ed effettivo.

Per questo motivo rimango perplessa dalla sua relazione. Pur riconoscendo uno sforzo corretto fatto dal relatore sullo sfruttamento, considero sbagliato l’avvicinamento al modello svedese e quindi a una criminalizzazione tout court della prostituzione.

Grazie.

Vannino CHITI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13446)

Grazie Presidente.

Io apprezzo, in questa discussione e nella risoluzione del Sig. MENDES BOTA, il fatto di affrontare un tema di particolare rilievo, che a volte è sottovalutato, che riguarda la tratta degli essere umani, che è una violazione orribile, come dice il relatore, dei diritti della persona e che colpisce ancora oggi in Europa dalle 70 alle 140 mila persone, come indicano i dati della risoluzione. La gravità del fenomeno è sottolineata dal fatto che non soltanto coinvolge migranti alla ricerca di una speranza di vita che sono costretti a vendersi, ma al tempo stesso una parte considerevole di cittadini dell’Unione europea, donne bulgare, rumene, deportate per lo sfruttamento sessuale.

Colpisce il fatto che questo fenomeno sia in aumento in Europa, mentre diminuisce il numero delle condanne. Colpisce che giovani donne e bambine siano tra le prime vittime e nella risoluzione si sottolinea un atro dato impressionante: la tratta di esseri umani e la prostituzione sono strettamente legate, l’84% delle vittime della tratta sarebbe indirizzata alla prostituzione. Fin qui, un accordo pieno. Cioè quando la risoluzione pone al centro un punto cardine che dobbiamo affrontare pur nella diversità delle situazioni e delle legislazioni dei nostri paesi. Siamo in presenza di una violazione dei diritti umani. È questo il tema centrale.

Invece, ci sono aspetti nella risoluzione su cui anch’io ho perplessità e che non condivido. Già l’Onorevole COSTANTINO ha fatto dei rilievi su entrambi i modelli con cui si affronta la prostituzione nei paesi nordici, nei Paesi Bassi e anche sull’azione che si svolge in Italia, come esperienza, rispetto all’affrontare il problema della tratta. Allora io mi chiedo, più pragmaticamente, se sia realistico, oggi da qui, indicare un modello, in presenza di legislazioni così diverse che esistono in tanti paesi, e dividerci su questo o se non sarebbe più pragmatico mettere a confronto i risultati delle differenti leggi, delle differenti pratiche di intervento, in modo da verificare in concreto quali sono quelle migliori per realizzare risultati più efficaci ossia sconfiggere quello che è un attentato alla dignità della persona.

Trovo giusto, in questo quadro, che sia prevista e poi sia condivisa, una banca di dati comuni sulla prostituzione e sulla tratta di esseri umani per avere dei dati certi, comparabili, tra gli Stati del Consiglio, e così ritengo utile – già ho ascoltato aspetti interessanti nel dibattito – l’impegno e l’esperienza che ci sono nel creare programmi d’uscita per quanti vogliano abbandonare il mondo della prostituzione attraverso l’attuazione di percorsi di inserimento nel mondo del lavoro e nel contesto sociale.

E infine, proprio per quello che secondo me possiamo mettere in modo unitario al centro di questa iniziativa, è giusto rivolgere da qui un nuovo e forte invito a tutti gli Stati che ancora non lo hanno fatto a firmare, ratificare e applicare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani.

Dal momento che essere qui vuol dire anche porci delle coerenze, credo che ognuno di noi, nei nostri paesi, dove ancora non sia stato fatto, debba sviluppare un’azione forte ed efficace perché questa ratifica ci sia. Per me è un atto coerente con il nostro impegno in questa Assemblea.

Grazie.