IT14CR31      

AS (2014) CR 31
Versione provvisoria

 

SESSIONE ORDINARIA 2014

________________

(Quarta parte)

ATTI

Della trentunesima seduta

Martedì 30 settembre 2014, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Elena CENTEMERO (Italia, EPP/CD PPE/DC)
(Doc. 13596)

Un ringraziamento alla Signora SAÏDI per l’approfondimento e per l’impegno che ha messo nel realizzare il rapporto che riguarda i diritti e le prospettive delle donne nell’area euro-mediterranea. Questo rapporto rappresenta, infatti, un importante intervento del Consiglio d’Europa tre anni dopo le rivoluzioni e i cambiamenti che hanno interessato i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Soprattutto oggi, in un momento in cui vediamo pericoli per la democrazia e per la libertà proprio in alcuni di questi paesi.

Sono due gli aspetti che voglio sottolineare: innanzitutto la partecipazione delle donne alla vita politica e la necessità di un mutamento della mentalità e della visione della donna a partire dall’istruzione e dai media. Le donne hanno, infatti, una grande importanza per la democrazia e per i processi di democratizzazione e la loro partecipazione alla vita politica e alle istituzioni risulta determinante per tutti i paesi, ma in particolar modo per quegli Stati che si affacciano oggi alla democrazia.

Rispetto ai temi indicati, in Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto e Libia sono emerse condizioni differenti e disomogenee che rendono difficile determinare e indicare un trend per l’intera regione, ma che richiedono proprio per questo un’attenzione vigile da parte di questa Assemblea. L’eguaglianza tra uomini e donne è la precondizione, infatti, per il successo delle democrazie. Nessuna democrazia può dirsi compiuta se metà della popolazione è esclusa dalla vita politica. Questo è particolarmente significativo per quei paesi, come l’Egitto, dove le donne hanno avuto un ruolo chiave nei processi che hanno portato al passaggio democratico. L’uguaglianza di genere è effettivamente un indicatore di democrazia.

Abbiamo appreso che Tunisia e Marocco, quest’ultimo interlocutore del Consiglio d’Europa, hanno riformato le loro costituzioni iniziando un percorso d’inclusione delle donne nella vita politica, anche se mancano ancora leggi organiche. Questi due paesi possono dunque svolgere un ruolo determinante nei confronti degli altri paesi, come la Libia o lo stesso Egitto, in cui, invece, le condizioni delle donne e della libertà e della non discriminazione appaiono preoccupanti, e anche in sedi internazionali come l’Organizzazione della cooperazione islamica.

È molto importante dunque ogni iniziativa che rafforzi la cooperazione interparlamentare e la cooperazione interregionale per lo scambio di buone pratiche.

Il Consiglio d’Europa deve far valere un costante controllo per la reale implementazione, cioè deve controllare che le indicazioni presenti nelle normative e nella costituzione trovino un’applicazione in atti normativi e leggi organiche da parte dei parlamenti nazionali e da parte dei governi. Vanno inoltre implementati quegli strumenti che aiutano l’inserimento nella vita pubblica, come le quote, l’alternanza nelle liste, le liste femminili. Noi abbiamo una grande responsabilità, ma la hanno anche i partiti politici di questi paesi che devono implementare la capacità di partecipazione alla vita politica e la presenza femminile nei posti di decision-making.

 

Paolo CORSINI (Italia, SOC/SOC)
(Doc. 13585)

Signora Presidente, cari Colleghi.

Gli Stati membri del Consiglio d’Europa si trovano nella condizione di doversi misurare con sfide rilevanti: crisi economica, disoccupazione generalizzata, milioni di giovani che si sentono vite da scarto, tensioni crescenti, ostilità nei confronti delle minoranze e delle comunità immigrate, sfiducia verso le istituzioni democratiche.

Riteniamo pertanto che l’insegnamento giochi un ruolo decisivo mettendo a disposizione importanti opportunità per la crescita integrale dei nostri concittadini e per il compimento delle loro aspirazioni di vita. Un insegnamento di qualità può fare la differenza per gli anni a venire. Dico “di qualità” perché qui si situano le maggiori sfide da affrontare. La qualità dell’insegnamento costituisce, infatti, un fattore critico quanto alla capacità della nostra società di prosperare.

Gli Stati membri del Consiglio d’Europa dedicano sforzi e risorse considerevoli all’educazione. Tuttavia, il livello delle competenze acquisite da parte degli allievi europei e le performance delle nostre università non sembrano migliorare e tendono verso il basso se le si mette alla prova delle classificazioni internazionali.

È necessario dunque ripensare le strategie e le politiche educative al fine di garantire un insegnamento di qualità adeguata per accrescerne la competitività a livello mondiale. Così come per la forza lavoro europea.

La Commissione cultura, scienza, educazione e media rivolge pertanto un appello a promuovere politiche educative che siano inclusive e innovatrici e che mirino a promuovere il benessere, la riuscita degli allievi, nonché i valori comuni dell’Europa, radicati tanto nella tradizione umanistica quanto in quella scientifica. Tali politiche devono lottare contro l’esclusione, promuovere l’uguaglianza dei sessi, sviluppare la professionalità degli insegnanti, valorizzare le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, combattere la corruzione, rafforzare l’etica all’interno dei processi formativi, nonché la governance democratica negli istituti scolastici attraverso la partecipazione attiva degli allievi e delle loro famiglie.

I miei colleghi di Commissione e diversi esperti auditi hanno contribuito all’elaborazione di questo rapporto riflettendo a lungo sulla proposta di linee di azione, in relazione ai progetti di risoluzione e di raccomandazione. Siamo stati tutti d’accordo sul fatto che oggi sia decisivo, a livello dei nostri parlamenti, adottare un approccio olistico e disporre di strategie globali, volte a promuovere una buona governance dell’insegnamento. È altrettanto importante mettere in atto procedure atte a valutare la qualità dell’insegnamento e a controllare l’utilizzazione delle risorse in vista di una loro ottimizzazione, in modo che i responsabili politici dispongano di tutti i dati necessari a proporre una convincente politica dell’educazione e ad assicurare l’efficacia dei suoi risultati. Bisognerà, ancor più, meglio associare alla delineazione e alla messa in opera delle politiche dell’insegnamento tutti gli attori coinvolti. È indispensabile, infatti, che l’insegnamento favorisca lo sviluppo professionale da un lato e quello umano e personale dall’altro.

L’insegnamento deve preparare a una cittadinanza aperta e attiva. Bisogna fare della scuola uno spazio privilegiato della convivenza civile, un ambito formativo che rispetti la libertà di pensiero e di coscienza, che favorisca l’apertura all’altro e lo spirito critico, che ricompensi il sacrificio, la dedizione, l’impegno, il merito, offrendo agli allievi in difficoltà o svantaggiati tutto il sostegno di cui necessitano.

Di conseguenza, raccomandiamo agli Stati membri una serie di misure concrete la cui messa in opera necessiterà del vostro sostegno politico. Insisto particolarmente sulle seguenti: garantire, innanzitutto, la non discriminazione quanto all’accesso scolastico e adottare misure positive per lottare contro le inuguaglianze e le sotto-performance degli allievi; assumere le sfide che provengono dall’interculturalismo, dal mondo dell’informazione e dai ritmi sempre più spasmodici dell’innovazione scientifica e tecnologica; rendere la professione degli insegnanti più accattivante ed attraente, mettendo a disposizione delle classi e delle scuole più problematiche insegnanti talentuosi; sburocratizzare radicalmente la gestione dell’insegnamento; rafforzare la trasparenza della governance dell’educazione come strumento di lotta contro la corruzione ed elaborare codici di condotta negli istituti scolastici a tutti i livelli con la partecipazione dei vari soggetti ed attori coinvolti.

Per raggiungere questi obiettivi, gli Stati membri dovranno stabilire meccanismi di valutazione e di assicurazione di qualità che permettano di controllare la coerenza degli obiettivi educativi con i bisogni tanto interni di qualificazione professionale, quanto di cittadinanza democratica. Da parte sua, il Consiglio d’Europa dovrà incoraggiare e facilitare la cooperazione tra le organizzazioni internazionali, le agenzie volte alla verifica di qualità e le reti professionali, con particolare riguardo all’insegnamento superiore.

Così nel progetto di raccomandazione noi proponiamo che l’Assemblea sottoponga al Comitato dei Ministri l’impegno di incaricare il Comitato per la politica e le pratiche in materia di educazione di analizzare la pertinenza e l’impatto degli strumenti nazionali e internazionali oggi preposti a valutare la qualità dell’insegnamento, al fine di individuare mezzi e risorse atti a rafforzare la cooperazione e le sinergie tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa, nonché ad accrescere la competitività dell’insegnamento europeo a livello planetario.

Noi dobbiamo valorizzare l’approccio globale proprio delle tradizioni umanistiche europee in materia di educazione. Un approccio essenziale per rafforzare la cittadinanza democratica, la responsabilità civile, per favorire il rispetto dei diritti umani e promuovere la solidarietà e la coesione sociale. Tutto ciò è indispensabile, tenuto conto delle tensioni politiche e dei conflitti in corso tanto all’interno, quanto all’esterno dei nostri paesi.

Mi permetto dunque di invitarvi, Signori Colleghi, a votare in favore di questi due testi e a sostenere la loro traduzione pratica nei nostri Stati membri.

Per concludere, ringrazio dell’attenzione e sento un particolare dovere di gratitudine e di riconoscenza nei confronti dei Colleghi, della Signora Presidente, del Segretariato, in modo particolare del Dottor FASSINO e sento un particolare dovere di riconoscenza nei confronti della Dottoressa Angela GARABAGIU la cui competenza è stata particolarmente preziosa per me in vista dell’elaborazione di questo testo.

 

Milena SANTERINI (Italia, RN/NI)
(Doc.13585 e 13590)

Grazie Presidente.

Io vorrei congratularmi davvero con i Colleghi CORSINI e WACH per queste proposte sulla scuola, soprattutto perché l’idea di scuola che hanno voluto affermare è quella di una scuola inclusiva, equa e che lavora per le uguaglianze, perché, come abbiamo detto, la scuola è una delle risposte ai problemi di un mondo diviso.

Ma vorrei porre l’attenzione su due punti che sono toccati nella proposta e che credo meritino una maggiore attenzione da parte nostra. Uno è quello dell’integrazione degli alunni stranieri nella scuola in Europa. Io credo che non basti che i bambini o gli studenti siano iscritti a scuola, ma che debbano essere integrati. E uno dei temi cruciali dell’integrazione che noi stiamo affrontando in questo momento è che la distribuzione nelle scuole e nelle classi è spesso disomogenea. L’esperienza ci mostra che abbiamo delle scuole di serie A e delle scuole di serie B, delle scuole di autoctoni e delle scuole tutte di stranieri. Questo potrebbe essere uno dei maggiori ostacoli alla democratizzazione dell’insegnamento che stiamo tutti perseguendo. Perché quella uguaglianza di opportunità di cui parliamo parte anche dall’eliminare tutti i fenomeni di selezione ed esclusione sociale. Non ci nascondiamo che spesso questa segregazione interna dipende da fattori strutturali (gli immigrati in zone abitative di basso costo, etc.), ma abbiamo bisogno di un quadro politico di riferimento e di gestione dell’immigrazione. Una scuola di una società multiculturale non può avere un’identità monoetnica, ma deve rispecchiare la realtà del tessuto sociale. L’apartheid scolastico mostra i danni che può fare sugli alunni e sugli studenti.

Vorrei quindi portare l’attenzione su questo punto e su tutto quello che riguarda l’educazione civica e alla cittadinanza nella scuola. Lavorando insieme affinché gli studenti siano dotati di competenze civiche e non solo di conoscenze. Non basta conoscere le regole, occorre sapere fare, sapere vivere da cittadini. Io credo che la scuola, in una società democratica, debba essere sostenuta da politiche adatte perché siano valorizzate le competenze civiche.

Grazie.

 

Paolo CORSINI (Italia, SOC/SOC)
(Doc. 13585)

Grazie Signor Presidente.

Anch’io sono stato colpito da questo dato curioso e cioè che buona parte degli intervenuti sono docenti universitari. Stiamo parlando un po’ tra colleghi non soltanto per appartenenza a quest’Assemblea parlamentare, ma anche per professione. E devo dire che io ho assunto questo compito con qualche timore e tremore perché non sono un pedagogista, né uno studioso di istituzioni scolastiche: all’università mi occupo di storia.

Però ho tratto un grande nutrimento sia dal dibattito in Commissione, sia oggi dalle valutazioni che sono state esposte dai Colleghi che mi hanno proposto spunti, stimoli e significative suggestioni. La prima suggestione che mi ha particolarmente intrigato è la consapevolezza della necessità da parte di tutti noi di promuovere l’impegno di uno sguardo comparativo quando guardiamo ai problemi della formazione, dell’educazione e dell’insegnamento. Per me, ad esempio, è stata una scoperta molto curiosa e significativa quella che riguarda l’organizzazione scolastica di alcuni paesi o la sottolineatura dei principi cui essi si ispirano. Per esempio, mi erano del tutto sconosciuti i modelli scozzese, finlandese e polacco e vedo che lì ci sono dei riferimenti particolarmente fecondi e preziosi.

Vengo da una città italiana che vanta una storica tradizione pedagogica e c’è un guadagno che forse questa pedagogia ha offerto alla riflessione più generale e cioè l’idea che la scuola non è un’isola. La scuola è punto nevralgico di quella che potremmo definire una comunità educante. La scuola è all’incrocio di un sistema di relazioni che attengono da un lato alla famiglia, dall’altro agli stabilimenti istituzionali della formazione e, dall’altro ancora, alle istituzioni pubbliche. Se noi vogliamo puntare a una qualificazione della scuola, dobbiamo evocare la responsabilità tanto delle famiglie quanto delle istituzioni pubbliche. Molti colleghi hanno sollevato, opportunamente e legittimamente, interrogativi per quanto attiene all’operatività delle indicazioni che, tanto nella risoluzione quanto nella raccomandazione, vengono proposte.

Non c’è dubbio che se le istituzioni pubbliche, e in modo particolare quelle di paesi che si reggono su un’economia sociale di mercato, non si rendono conto che investire in istruzione è un investimento produttivo e remunerativo per lo sviluppo della società e per la sua crescita anche economica, non faremo particolari passi in avanti.

Infine ancora due osservazioni. Proprio perché ho richiamato il significato della scuola come una realtà che può promuovere sviluppo e progresso, allo stesso tempo mi sento legittimato a sottolineare il valore della scuola come palestra di democrazia, come luogo di interiorizzazione dei valori della vita civile, come opportunità per far crescere i valori della nostra eticità. Io credo che se c’è un deficit nella società contemporanea è anche, e soprattutto, un deficit di senso. Spesso noi ci interroghiamo sul nostro operare, sulle prospettive che perseguiamo e credo che ancorarsi alla tradizione umanistica europea significhi in qualche misura lanciare una sfida e anche esperienze che tecnicamente sono molto più avanzate di noi. Penso che anche questa sia una funzione della scuola, la quale, oltre che competenze e professionalità, deve consentire allo studente di acquisire la pienezza della propria autonomia. Non semplicemente la capacità di ereditare un sapere depositato e trasmesso, ma di appropriarsi di un metodo e di porre nell’apprendimento il fondamento della propria crescita personale.

Poi, naturalmente, ci sono alcune sfide. Io non ho gli strumenti, né la competenza, ma ho sentito un intervento molto interessante su Internet a scuola e Internet e la scuola e credo che questo fenomeno cambierà profondamente i nostri quadri mentali. Ci obbligherà a una sorta di rottura epistemologica delle nostre convinzioni. Il fatto che gli studenti siano dei nativi digitali, a differenza degli insegnanti come me - che per la mia età e formazione sono un digital divider, non ho nessuna competenza - comporta la necessità di una rivoluzione copernicana della scuola, delle modalità e delle tecniche di insegnamento.

E infine, l’ultima osservazione. Sollevo semplicemente dei punti che andrebbero tematizzati e approfonditi. Io sono figlio della generazione che ha vissuto i grandi movimenti europei alla fine degli anni Sessanta, i miei capelli tradiscono la mia età. Era il tempo in cui una scuola elitaria veniva a misurarsi con le sfide di una scuola di massa. Una scuola massificata, l’università aperta a tutti. Questo fu un fenomeno europeo e per molti versi planetario. Questo è un altro dei punti sui quali bisognerebbe riflettere: qual è il rapporto tra la crescita della qualità e il principio democratico del diritto di accesso e di un’università e di luoghi di ricerca che siano il più possibile aperti? Accanto alle sfide dell’integrazione su cui richiamava l’attenzione la Collega SANTERINI, io credo che anche questo sia un tema che meriterebbe di essere approfondito.

Ringrazio ancora i Colleghi per la loro attenzione e voglio manifestare un apprezzamento per le loro osservazioni.

 

Milena SANTERINI (Italia, RN/NI)
(Doc. 13585, Emendamento 2)

Grazie.

Io chiedevo, con questo emendamento, di dichiarare esplicitamente che andrebbero evitate tutte le forme di separazione degli alunni e degli studenti, nelle scuole e nelle classi, su base etnica.

 

Paolo CORSINI (Italia, SOC/SOC)
(Doc. 13585, Emendamento 1)

Con una premessa: così come in Commissione io mi rimetto alla volontà dei Colleghi, perché non mi pare una questione particolarmente divisiva. Quindi valuto positivamente il fatto che ci sia stato questo suggerimento. Io rimango della mia convinzione che i temi che sono enucleati nei punti cinque seguenti attengano più alle tematiche non discriminatorie. Però, ribadisco, mi attengo alla volontà dei colleghi.

 

Milena SANTERINI (Italia, RN/NI)
(Doc. 13585, Emendamento 3)

Io propongo di specificare, dove si parla dei codici di condotta nelle scuole, che qui stiamo parlando di competenze civiche e quindi non soltanto di buon comportamento, di conoscenza delle regole, ma del senso di responsabilità, della cooperazione, della partecipazione degli studenti. Avevo indicato la vita della scuola, se si vuole allargare alla vita sociale e civica in generale sono d’accordo. 

 

Paolo CORSINI (Italia, SOC /SOC)
(Doc. 13585, Subemendamento 3)

Sì, a maggior ragione dopo la precisazione che la Collega ha dato del suo accordo al lavoro che la Commissione ha svolto.

 

Milena SANTERINI (Italia, RN/NI)
(Doc. 13585, Subemendamento 3)

Sono d’accordo.