IT15CR27

AS (2015) CR 27
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2015

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(Terza parte)

ATTI

Della ventisettesima seduta

Venerd́ 26 giugno 2015, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Milena SANTERINI (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13809)

Grazie molte, Signor Presidente.

Noi assistiamo spesso impotenti o angosciati a crimini di odio che in molti casi vengono considerati come degli episodi isolati, come la strage di Utoya,  in Norvegia, nel luglio 2011, quella di Charlie Hebdo a Parigi, nel gennaio di quest’anno o, recentemente, l’uccisione di otto persone a Charleston, negli Stati Uniti. Sono fatti molto diversi tra di loro, ma uniti da una profonda ostilità verso un presunto nemico, considerato diverso o pericoloso per nazionalità, colore della pelle, provenienza, religione o cultura. Quando questi fatti avvengono, la coscienza civile si risveglia ma non è sufficiente. Il punto di partenza di questi crimini è una sotterranea crescita del pregiudizio, dell’intolleranza e del razzismo a bassa intensità, che non abbiamo saputo riconoscere, individuare e prevenire.

In Europa, in particolare, stiamo assistendo a un aumento dell’intolleranza in forme diverse da quelle tradizionali: antisemitismo, islamofobia, xenofobia, antigitanismo, collegati anche a fattori storici e politici. Da una parte la crisi economica degli ultimi anni, e dall’altra, l’instabilità geopolitica del Mediterraneo, del Medio Oriente hanno esacerbato l’odio verso i migranti, la xenofobia, l’avversione verso i musulmani, oltre all’antica ostilità verso gli ebrei e i rom e si potrebbe continuare.

In questo rapporto ho voluto analizzare e individuare quello che possiamo chiamare neorazzismo, espresso da chi non si riconosce come tale perché non fa più riferimento necessariamente a una gerarchia tra le cosiddette razze, non usa argomenti di tipo biologico o scientifico. Anche se sembra un’intolleranza light, questo razzismo senza razza è altrettanto pericoloso di quello tradizionale, perché si fonda sulle idee che le differenze culturali sono irriducibili, quindi è impossibile vivere insieme in una società complessa.

Lo scopo è lo stesso. Legittimare e alimentare linguaggi e comportamenti discriminatori. Questa concezione, chiamiamola culturale, conduce comunque all’esclusione dei singoli e dei gruppi percepiti come diversi. Il razzismo, insomma, il neorazzismo, tende a banalizzarsi e a normalizzarsi. Assistiamo a una liberazione della parola, a un linguaggio semplificato, discriminatorio e insultante, spesso aggressivo. E di questo si è occupato a lungo il Consiglio d’Europa con la campagna sull’hate speech. Nel corso dell’elaborazione del rapporto ho quindi esaminato alcuni casi in Europa: i gruppi che in Germania si oppongono alla islamizzazione, specie in Sassonia, dove peraltro il numero dei rifugiati, pur essendo aumentato, è largamente inferiore al resto della Germania e ad altri paesi europei. Attraverso il mito dell’islamizzazione dell’Europa si percepisce il mondo islamico nel suo insieme come una minaccia.

Mi sono concentrata anche sulla situazione dei rom e dei sinti in Italia, popolazioni che ancora vivono ghettizzate e marginali nei campi, che hanno abbandonato le tradizioni del passato ma non hanno ancora trovato - e hanno anche delle responsabilità, certamente, ma sono responsabilità collettive – una efficace integrazione in Europa. Ho citato anche il caso dell’antisemitismo, in Francia, dove gli atti sono raddoppiati nel 2014. E in Belgio, dove dopo l’attentato al Museo ebraico di Bruxelles, del maggio 2014, le autorità hanno individuato la lotta all’antisemitismo come causa nazionale.

Occorre individuare le caratteristiche di questo neorazzismo come un fenomeno complesso, a volte inconscio, e combatterlo su diversi fronti come abbiamo proposto in questo rapporto. Particolarmente inquietante è la diffusione del discorso di odio in ambito politico, e su Internet. I responsabili politici in Europa devono essere coscienti della responsabilità di sfruttare la paura e la divisione tra i cittadini contro i migranti, ne abbiamo parlato ieri nel dibattito urgente, e come accade in questi mesi contro i profughi che fuggono dalla guerra e dalla violenza. La xenofobia, alimentata da un discorso populista, contribuisce a disgregare l’unità europea che è un valore che dovremmo proteggere. In questa risoluzione chiediamo di rafforzare la autoregolamentazione dei parlamenti nazionali, degli enti territoriali e dei partiti, per proibire e prevenire i discorsi di odio e migliorare la comunicazione intorno ai fenomeni migratori, per informare correttamente in modo imparziale i cittadini al fine di evitare lo sfruttamento politico della paura e del razzismo.

Va sottolineato che l’esperienza dell’alleanza parlamentare del Consiglio d’Europa contro l’intolleranza e il razzismo, nata nel 2014 all’interno della Commissione contro la disuguaglianza e la discriminazione, - e vorrei ringraziare in questa sede la sua Presidente - e di cui sono rapporteur, spinge a creare queste importanti reti anche a livello nazionale. Per quanto riguarda il web, si incoraggiano i paesi membri a ratificare  i protocolli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo,  quello addizionale alla Convenzione sulla cybercriminalità e altri. Occorre chiedere ai fornitori dei servizi Internet e dei social network di darsi linee direttrici e criteri per individuare e colpire il discorso di odio sul web. È altrettanto importante incoraggiare i cittadini a segnalare i propositi razzisti online e promuovere l’attività di moderatori e mediatori che stabiliscono un dialogo con gli autori della Hate Speech ai fini di prevenzione.

Da tempo la Corte di Giustizia per i diritti dell’Uomo ha creato gli strumenti giuridici per proibire e sanzionare ogni espressione di razzismo, tra cui il discorso di odio. In questo senso è opportuno che da un lato ogni cittadino segnali in modo sistematico parole e atti discriminatori, ma chiediamo anche che si promuovano delle forme di giustizia riparatrice, cioè una mediazione tra autori e vittime del discorso d’odio e quindi si promuova anche la dimensione educativa delle sanzioni penali e non solo repressiva. Gli strumenti culturali, sociali ed educativi nella formazione dei cittadini sono  una forma molto efficace di contrasto all’intolleranza. Raccomandiamo naturalmente l’azione della scuola, la formazione degli insegnanti all’educazione interculturale, dando loro strumenti per comprendere l’evoluzione attuale di ciò che chiamiamo razzismo e delle diverse forme di intolleranza.

Il neorazzismo, insomma, cambia e deve essere analizzato e compreso per essere combattuto. L’approccio interculturale, per esempio quello basato sul Libro Bianco, sul dialogo interculturale “Vivere insieme in uguale dignità” del Consiglio d’Europa di qualche anno fa, poi sarà applicato ultimamente ai programmi scolastici e ai progetti educativi. E infine, attraverso l’insegnamento della storia, la memoria dei genocidi avvenuti porta a comprendere come anche le forme di violenza più estreme si sviluppino a partire da forme di sottili discriminazioni che possono e devono essere combattute preventivamente prima che sia troppo tardi.

Io ringrazio non solo la Commissione, ma non abbiamo avuto emendamenti a questo testo. Per un certo verso questo mi rende felice perché significa che, probabilmente, il lavoro molto lungo e accurato che abbiamo svolto ha trovato una rispondenza da parte della maggior parte, credo, dei colleghi. Ma allo stesso tempo, mi aspetto comunque dal dibattito di oggi degli apporti anche critici o dei contributi che possano ulteriormente farci proseguire nella strada di questa importante riflessione.

Grazie.

Viorel Riccardo BADEA (Romania, EPP/CD / PPE/DC)
(Doc. 13809)

Cari Colleghi,

Come portavoce del gruppo del Partito Popolare Europeo e a mio nome vorrei congratularmi con l’onorevole SANTERINI per il suo eccellente rapporto e per il modo nel quale è riuscita a definire la maggior parte dei problemi riguardanti questo argomento, apparsi in Europa.

Il neorazzismo sostituisce la gerarchia delle razze che stava alla base del razzismo tradizionale, con la gerarchia dei costumi. Ambedue queste forme, tuttavia, tendono a far spiegare, individuare e nutrire i diversi tipi di atteggiamento o i discorsi a carattere discriminatorio. La crisi economica e l’instabilità politica del Nord Africa e del Medio Oriente costituiscono, così come si è precisato anche nel rapporto, una delle principali cause che hanno condotto all’esplosione di questo fenomeno estremamente pericoloso.

Basta seguire i discorsi politici degli ultimi anni, oppure monitorare Internet per farsi un’immagine completa della dimensione di questo fenomeno. Il desiderio – direi sfrenato – di acquisire dei discepoli anima parecchie personalità politiche e le induce a sfruttare, principalmente a scopo elettorale, i timori quotidiani dei cittadini. In testa alla classifica troviamo la paura dei migranti, l’islamofobia, l’antisemitismo e la discriminazione della popolazione rom.

Tutti questi timori, sempre più forti a livello della popolazione, nutrono i cosiddetti mutanti politici che si alimentano dei timori della popolazione e fabbricano le cosiddette soluzioni incompatibili con l’abc della democrazia che ci illudevamo fosse già saldamente e irremovibilmente inserito in seno alle nostre società. Un esempio eloquente, in tal senso, è la reazione di un eurodeputato italiano, appartenente alla Lega Nord, che si riferiva al suicidio di un detenuto rumeno incarcerato in una prigione italiana, e che dichiarò qualche mese fa (cito): “Un rumeno si è tolto la vita in carcere. Di questo non me ne frega un tubo. Abbiamo risparmiato tanti soldi. Se tanti rumeni tornassero al loro paese, io sarei solo contento.”

Un altro esempio preoccupante è rappresentato dal movimento Pegida, ossia il movimento dei patrioti europei contro l’islamizzazione dell’occidente, e che ritroviamo in Germania, nel Land della Sassonia, i cui leader promuovono l’immigrazione basata su criteri qualitativi. Sorprendentemente il Land della Sassonia ha la più bassa percentuale di stranieri in Germania, ed è stato un terreno molto fertile per questo movimento.

Spettabili Colleghi, la libertà di espressione è considerata come uno dei valori essenziali di uno Stato democratico, però il suo utilizzo abusivo che ammette la diffusione di messaggi che incitano all’odio, compromette gravemente la pacifica coesistenza dei cittadini. La prevenzione e la lotta contro questi fenomeni va accresciuta, e in questo senso dobbiamo ricorrere a tutti i mezzi che abbiamo a portata di mano. In altre parole, sostenere il dialogo tra le organizzazioni rappresentative dei gruppi mirati da atti di discriminazione con i protagonisti dello Stato che hanno un ruolo importante per promuovere e migliorare il quadro legislativo degli Stati membri del Consiglio d’Europa, e, soprattutto, tramite la firma e la ratifica del protocollo numero 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e del protocollo aggiunto alla Convenzione sulla criminalità informatica.

Vi ringrazio caldamente e porgo i migliori auguri all’Onorevole SANTERINI, autore di questa relazione.

Grazie.

Michele NICOLETTI  (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13809)

Grazie, Presidente.

Voglio esprimere anch’io il mio apprezzamento per questo eccellente rapporto che ci offre delle riflessioni importanti sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista di studi di casi, e dal punto di vista delle misure concrete e urgenti che noi dobbiamo adottare nei confronti di un fenomeno che non va in alcun modo sottovalutato.

Il rapporto sottolinea giustamente, anche in modo interessante, come il neorazzismo abbia differenze significative rispetto al razzismo che abbiamo già purtroppo conosciuto nel nostro continente. Però, forse riflettere su quella vicenda è importante perché anche il razzismo ottocentesco e novecentesco non aveva basi scientifiche. Era però strettamente legato all’idea di decadenza della società, per cui una società che si avvertiva malata andava in cerca della causa di questa malattia e individuava la causa di questa malattia, anziché dentro le proprie debolezze, in quello che percepiva come l’altro, il diverso, come agente esterno che ci fa ammalare e che è portatore di un male, di una malattia, di una decadenza e di un’impurità nei confronti del quale bisogna assumere delle misure di carattere igienico. Il linguaggio del razzismo è un linguaggio medico, e tutto quello che abbiamo visto nel Novecento, igiene razziale, e così via, dà l’idea di un trattamento sociale e politico con categorie mediche.

Questo tema, appunto, è così importante perché anche oggi, nel linguaggio dei neorazzisti e nel linguaggio dell’odio, emerge la stessa percezione, la stessa paura, lo stesso disgusto direbbe una grande filosofa come Martha Nussbaum, nei confronti di queste minoranze che per l’appunto vengono percepite come quelle che attentano alla nostra salute. E quindi, di fronte a tutto questo, noi dobbiamo avere la forza e il coraggio di esprimere la massima intransigenza, anche nei confronti del linguaggio utilizzato. Pensiamo agli effetti che questo ha sulle persone più deboli dentro questi gruppi più deboli. Pensiamo ai bambini, che cosa possono provare quando, per il solo fatto di avere un colore della pelle o di appartenere a un gruppo religioso, vengono percepiti dall’ambiente che li circonda come una minaccia, un pericolo o addirittura qualcosa o qualcuno che apporta malattia.

Noi non abbiamo nessun diritto di far vivere le persone nella paura. La liberazione dalla paura è una delle grandi aspirazioni delle battaglie per i diritti umani e per questo è essenziale che noi ci battiamo per l’uguale rispetto che ad ogni essere umano va portato in quanto soggetto portatore di una dignità infinita, di un’uguale dignità morale. Nella convenzione, chiunque degrada un altro, degrada noi stessi e quindi non è solo per rispetto nei loro confronti che dobbiamo mettere in atto tutte le misure contenute in questa raccomandazione ma anche per rispetto verso quello che noi vogliamo essere e che dobbiamo operare con più coraggio e con più intransigenza nella lotta contro il neorazzismo.

Milena SANTERINI (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13809)

Grazie Presidente,

Io ringrazio davvero tutti i colleghi per questo ricco dibattito che secondo me rispecchia veramente lo spirito del Consiglio d'Europa. La quasi unanimità intorno a queste affermazioni, a queste raccomandazioni, non mi sembra un'unanimità facile o scontata, ma piuttosto la prendo come una riaffermazione dei nostri valori fondanti europei perché a volte siamo disorientati di fronte a queste forme sottili, banali, implicite, di ostilità e di intolleranza e ci troviamo senza strumenti. E io ho voluto semplicemente dare uno strumento in più proprio per affrontare questo fenomeno così complesso, come diceva la signora HOLSSON.

Vorrei dire ai colleghi KRONLID e KOX che prendo molto sul serio il loro problema. Evidentemente sappiamo tutti che il confine tra libertà d'espressione e rispetto delle opinioni altrui e, invece, possibilità di limitare o di vietare il discorso d'odio, è molto sottile. Questo lo fa per esempio la nostra Corte di giustizia per i diritti umani facendolo caso per caso, decidendo dove c'è un'offesa alla libertà d'espressione e dove invece non c'è. Dal punto di vista giuridico abbiamo la possibilità di farlo. La politica non lo può fare ma può incoraggiare, raccomandare, creare tutti quegli anticorpi che impediscono l'intolleranza. E quindi la politica è molto importante come hanno detto anche le colleghe KARA, GAFAROVA, PASHAYEVA, ma anche l'impegno della società civile, l'ha detto la signora WERNER, perché - e qui cito il collega FIALA - i neonazismi iniziano in modo lento e come ha detto il signor BADEA noi non possiamo mai dare per scontata l'acquisizione della democrazia in Europa, anzi l'onorevole JAKAVONIS ci ha ricordato la storia tragica dell'intolleranza.

Sono molto d'accordo con la signora HEINRICH quando dice che c'è il rischio di minimizzare. Questo non significa che l'alternativa a minimizzare sia punire, ma è necessario prendere sul serio i problemi e affrontarli, l'hanno detto in modo diverso anche le colleghe FORNARVE e NAGHDALYAN.

Vorrei dire alla signora FABER che la società multiculturale non è qualcosa che ci danneggia, è la realtà della vita tra diversi. Non ci sono i puri e gli impuri. Non ci sono i sani e i malati. Non c'è un nemico. La società giudeo-cristiana ha semmai non un nemico esterno, che è l'ISLAM, ma ha semmai, come diceva l'onorevole NICOLETTI, un nemico in se stessa. Quando si chiude all'altro, quando non si apre all'altro, quando non è tollerante, così muore una civiltà. L'ha detto anche Giovanni Paolo II, una civiltà muore quando non riesca a dialogare  e può morire anche una religione se non riesce ad aprirsi all'altro. Quindi, noi non possiamo vivere l'ostilità verso l'altro, verso il nemico, perché è nello stesso DNA della società giudeo-cristiana e spero anche dei valori europei. E quindi, come diceva l'onorevole NICOLETTI, chi degrada un altro, degrada noi stessi. Se non vogliamo intossicarci, come diceva l'onorevole TEJERA dobbiamo necessariamente trovare la fatica della convivenza.

Concludo ringraziando in particolare il segretariato che mi ha molto aiutato in questo lavoro. Abbiamo detto che le forme di razzismo sono molto diverse, ma il pregiudizio e la distanza sociale sono simili. Io vorrei lasciare un messaggio alla fine di questo dibattito: devono essere combattute insieme le varie forme di discriminazione, quindi noi dobbiamo incoraggiare anche in quest'aula, ovunque, i progetti comuni di solidarietà nella lotta alla discriminazione e non una concorrenza tra le vittime dell'odio.

Grazie.

Adele GAMBARO (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 13802)

Grazie Signora Presidente,

Cari colleghi, questo è un rapporto importantissimo. Il collega FRANKEN ha fatto un ottimo lavoro, in commissione abbiamo avuto una discussione molto concreta.

Internet è un formidabile mezzo di comunicazione, però tutti noi che lo usiamo abbiamo notato come spesso diventi una terra di nessuno, senza regole e quindi è importantissimo, soprattutto per quanto riguarda il terrorismo informatico iniziare a mettere mani dentro Internet in collaborazione anche con le polizie nazionali. Il signor FRANKEN ci ha detto che solo nel 2013 ci sono state 800 milioni di vittime di questi attacchi quindi vediamo che è un problema enorme.

Ringrazio i colleghi che hanno sostenuto questo rapporto. È una realtà che non possiamo più ignorare e che mette a repentaglio la nostra sicurezza ma anche la sicurezza nazionale. Le tecnologie sono in continua evoluzione quindi per noi è difficile rimanere aggiornati su questi argomenti quindi vi dico sinceramente che questo è solo uno dei primi passi e che dovremo continuare a riparlare di questo argomento e ancora una volta il Consiglio d'Europa si dimostra capofila e promotore di importantissime realtà che riguardano i nostri paesi.

Vi chiedo quindi di sostenere con il vostro voto questo rapporto e spero che ognuno di noi lo possa portare all'interno dei nostri parlamenti nazionali e che non rimanga lettera morta.

Grazie.