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AS (2015) CR 31
Versione provvisoria

 

SESSIONE ORDINARIA 2015

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(Quarta parte)

ATTI

Della trentunesima seduta

Martedì 29 settembre 2015, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

 

Anne BRASSEUR (Presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa)

(Discorso di Laura BOLDRINI, Presidente della Camera dei Deputati italiana)

Cara presidente, la ringrazio di essere qui con noi oggi ed è con grande piacere che la invito a prendere la parola.

Laura Boldrini (Presidente della Camera dei Deputati italiana)

(Dibattito di attualità: una risposta umanitaria e globale alle crisi delle migrazioni e dei rifugiati in Europa)

Buongiorno a tutte e a tutti, Presidente BRASSEUR – cara Anne, posso dire - Segretario generale JAGLAND, Presidente DI BARTOLOMEO – siamo diventati amici ultimamente, ci frequentiamo molto spesso -, Onorevoli parlamentari, Autorità, Signori e Signore.

È per me veramente un grande onore essere qui oggi e, cara Anne, i motivi sono diversi. È un grande onore perché il Consiglio d’Europa è la più antica organizzazione sovranazionale del nostro continente ed è quella a cui ancora oggi viene riconosciuto il primato in materia di diritti umani. Già questo basterebbe per essere onorata, ma lo sono anche perché, per la prima volta in quest’aula, io rappresento un ramo del Parlamento italiano. Non era mai accaduto prima e questo sicuramente è per me motivo di orgoglio.

È anche un onore perché qui, in quest’aula, hanno preso la parola grandi personalità della politica europea e mi fa piacere ricordare che di fronte al Consiglio d’Europa, nel 1951 parlò Alcide De Gasperi esprimendosi, all’epoca, sulla necessità di maggiore integrazione europea.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866)

Grazie Presidente.

La discussione di questo rapporto si colloca, come abbiamo sentito, in un momento drammatico e già il dibattito generale introdotto dalla Presidente BOLDRINI e dal Segretario JAGLAND, e animato da tanti colleghi, ha messo chiaramente in luce le dimensioni umane di ciò che stiamo discutendo: il dovere per noi, come singoli e come istituzioni, di rispondere a questa sfida, forse la più difficile dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Questa grande tragedia umanitaria richiede una risposta su molti piani. Com’è stato detto, anzitutto, la nostra coscienza morale e poi il nostro modo di vedere il mondo, il nostro impegno politico, le nostre risorse economiche e altro ancora. Ma per evitare che questa risposta rimanga generica, è essenziale che ognuno di questi livelli sia preso in considerazione nella sua dimensione specifica. Ciò che questo rapporto si propone di affrontare è un aspetto di questo problema. Il regolamento di Dublino e la sua applicazione è dunque essenzialmente un fatto di natura giuridica. Questo, d’altra parte, è il nostro piano specifico. I nostri pilastri sono i diritti umani, rule of law e la democrazia, non solo come modo di vivere ma anche come forma di ordinamento giuridico. E allora, su questo piano, nell’introdurre questo rapporto e la sua discussione, dobbiamo ricordare a noi stessi alcuni elementi fondamentali.

Il primo di questi è che il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni - è una citazione, articolo 14, della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo - è un diritto umano fondamentale sancito dalla dichiarazione e da una serie ininterrotta di convenzioni e trattati internazionali. È vero, si tratta di un diritto scomodo. Scomodo in primo luogo per chi lo rivendica, perché la sua vita è in pericolo. E talvolta scomodo anche per chi deve cercare di rispondere a questa rivendicazione perché egli stesso si può trovare in difficoltà. Ma tutto questo non lo rende meno fondamentale, anzi, talvolta è un diritto più urgente di altri, perché il suo godimento può mettere in discussione la vita stessa.

Dunque, come gli altri diritti fondamentali, e talvolta più di altri diritti fondamentali, implica, negli altri esseri umani, in ciascuno di noi, un’obbligazione a rispondervi. Noi lo sappiamo: senza un dovere corrispondente, ogni diritto resta una vana pretesa. Dipende dagli altri quanto al suo rispetto, ma il diritto d’asilo in quanto diritto fondamentale deriva dalla persona stessa e non dallo Stato che eventualmente accoglie la persona che richiede asilo.

Tra i molti diritti questo è un diritto costitutivamente internazionale: lo dice la stessa Dichiarazione dei diritti dell’uomo quando parla di altri paesi. Più di altri diritti, questo è un diritto che richiama il fatto che la comunità internazionale è una unica comunità che aspira ad avere un unico ordinamento giuridico. Non è quindi fuori luogo chiedere una risposta internazionale, una cornice internazionale, un impegno internazionale per rispondere a questa sfida.

La Convenzione di Ginevra è fondata su questo approccio ed è del tutto evidente che tutti gli Stati firmatari si obbligano al riconoscimento di uno status comune del rifugiato e di mutuo riconoscimento, anche se questo è rimasto implicito. Anche la nostra organizzazione, il Consiglio d’Europa, e l’Unione Europea si sono mosse in questi anni nell’orizzonte di un approccio comune, di un approccio europeo che prevede principi, status, standard, regole comuni e anche il regolamento di Dublino è stato pensato in questa prospettiva.

Nel 1999 il Consiglio dell’Unione europea ha preso un chiaro impegno a Tampere per la costruzione di un sistema comune di asilo europeo basato, cito, su una procedura comune e uno status uniforme per i rifugiati, valido in tutta l’Unione. Lo stesso concetto lo troviamo solennemente scritto nel trattato di Lisbona, articolo 78, dove si parla di “uniform status of asylum for nationals of third countries valid throughout the Union, and a uniform status of subsidiary protection”. E così, negli stessi documenti si trovano chiari riferimenti al principio del “mutual recognition” tra gli Stati membri. Un principio che è alla base della cooperazione giuridica dell’Unione in moltissimi settori. Senza questo principio il nostro diritto comune non potrebbe funzionare e di fatto già si trova anche nel regolamento di Dublino per quanto riguarda alcune decisioni. Perché se uno Stato membro rigetta la domanda di asilo, questo rifiuto viene riconosciuto reciprocamente dagli altri Stati membri. Già nel regolamento di Dublino, dunque, esiste, sia pure nel suo momento negativo, il principio del mutual recognition.

Il limite di questo regolamento è stato quello di essersi trovato da solo a regolare una materia non regolata da un sistema più comprensivo, rispettoso dei diritti umani ed equo nella distribuzione del carico. Per questo è arrivato al collasso quando la pressione si è fatta più forte. Noi non vogliamo abolire gli aspetti positivi di questo regolamento che già prevedono dei meccanismi di responsabilizzazione degli Stati. Sarebbe grave se noi tornassimo alla fase precedente in cui nessuno Stato è obbligato a prendersi carico di chi chiede asilo. Ma certamente vi sono dentro questo regolamento degli aspetti problematici, come il criterio del paese del primo arrivo.

Nel 2015 sono arrivati nell’Unione europea, nella prima metà, nei primi sei mesi, cinquecentomila richiedenti asilo. Centomila all’est, quattrocentomila al sud, di cui duecentocinquantamila in Grecia e centocinquantamila in Italia. Possiamo accettare che siano questi paesi o i loro vicini a farsi carico di questi numeri? Assistenza in mare, assistenza a terra, esame delle domande, accoglienza, integrazione? Già alcuni Stati - penso all’Austria e alla Germania - hanno preso iniziative che di fatto sbloccano questo rigido meccanismo. Ma proprio perché vogliamo meccanismi seri di identificazione, registrazione, selezione delle domande, e accoglienza, chiediamo un’urgente revisione. Chiediamo all’Europa, a noi stessi, non di stravolgere i propri principi ma semplicemente di applicarli. Applicare le convenzioni internazionali, applicare il trattato di Lisbona, applicare le decisioni dell’Unione europea in modo serio e coerente. Tornare, cioè, alle nostre radici, a quelle radici da cui è nata l’Europa che ha saputo superare le macerie della Seconda Guerra Mondiale riconoscendo innanzitutto nei più deboli, nei richiedenti asilo, persone degne di tutela.

Grazie della vostra attenzione.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866)

Grazie, Presidente.

Ringrazio i colleghi per gli interventi che hanno arricchito questo dibattito e che hanno allargato il campo delle nostre questioni. Anzitutto i colleghi che hanno richiamato le questioni legate alla prevenzione del fenomeno dei rifugiati. Il rapporto si concentra sul regolamento di Dublino, ma è giusto che questa Assemblea prenda sul serio la sfida ad attuare delle scelte politiche più coraggiose per rimuovere tutte quelle situazioni che nel mondo, dai conflitti alle dittature, sono alla base della fuga dei rifugiati, così come l’invito a sviluppare delle politiche di forte cooperazione sociale ed economica. Non c’è possibile transito da regimi autoritari a regimi democratici senza un forte sostegno di politiche di sviluppo.

E così, ancora lo ha ricordato bene la collega STRIK sia nel suo rapporto che in questo intervento, dobbiamo utilizzare maggiormente tutte le politiche di sostegno a favore dei paesi di transito, tutti gli strumenti alternativi come i corridoi umanitari, tutte le modalità per evitare che i rifugiati che già hanno subito persecuzione, debbano affrontare dei viaggi pericolosi.

Detto questo però, poi ci troviamo di fronte alla gestione sul territorio europeo di una massa di profughi, e qui voglio dire ai colleghi che hanno sottolineato la necessità di distinguere dentro questi flussi misti coloro che hanno effettivamente i requisiti per richiedere asilo da coloro che invece aspirano a un miglioramento della loro situazione economica, che è giustissimo operare questa distinzione ed è doveroso. Ma che non sempre, è facile compierlo immediatamente, soprattutto laddove il territorio esterno a uno Stato, come nel Mediterraneo, è il mare stesso, o dove ci sono altre situazioni di pressione alla frontiera che impediscono di tenere i richiedenti asilo in una condizione di difficoltà.

Io ricordo, con la Presidente BRASSEUR, abbiamo fatto una visita in Turchia, nei campi di profughi, e una sindaca di una città a pochi chilometri dal confine con la Siria ci diceva: “in questa città ci sono più profughi che cittadini. Quando arrivano, noi non sappiamo dove metterli, ma se li rimandiamo al di là del confine, sappiamo che possono venire uccisi, perché sentiamo gli spari a poca distanza”. E questa è una difficoltà reale che dobbiamo tenere presente, così, come è stato ricordato, le difficoltà del mio paese, l’Italia, a gestire flussi migratori imponenti.

A Parigi, nella riunione della Commissione dell’Immigrazione del Consiglio d’Europa, la collega bavarese ha dovuto riconoscere onestamente che nonostante la grande generosità tedesca, quando sono arrivati alla stazione di Monaco tutti in un colpo migliaia di richiedenti asilo, la stessa organizzazione della polizia e dell’assistenza tedesca non è stata in grado di fare immediatamente fronte, e alcuni di questi si sono in qualche modo eclissati. Quindi queste sono difficoltà concrete che dobbiamo tenere presente, anche se riconosciamo l’esigenza di coniugare – com’è stato detto - umanità e razionalità, libertà e sicurezza. Quello che noi proponiamo con questo rapporto è appunto di superare quei meccanismi come alcuni elementi del regolamento di Dublino che, anziché facilitare un meccanismo di solidarietà, invece rendono impossibile e disfunzionale una gestione rispettosa dei profughi.

Grazie.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 6)

Sono contrario a questo emendamento perché quello che il testo si propone è di rimuovere il criterio dell’irregular border crossing e non certamente il fatto di incentivare un attraversamento irregolare del confine. In particolare si propone di togliere l’ultima frase in cui si riconosce come il regolamento di Dublino sia diventato un simbolo di ingiustizia e questo, francamente, è un elemento che è nell’opinione comune e io propongo di respingere l’emendamento.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Subemendamento all’emendamento 18)

Concordo con l’emendamento che è stato proposto. Propongo solo di aggiungere nella seconda frase le parole “in some cases”, perché non possiamo generalizzare il fatto che in tutti i casi the first country of entry abbia applicato questa pratica negativa. Quindi se questo subemendamento viene accolto, ho un parere favorevole sull’emendamento proposto.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Subemendamento all’emendamento 21)

Sono d’accordo con l’esigenza di rendere più preciso il linguaggio dal punto di vista giuridico, però propongo di togliere l’ultimo riferimento alla sentenza della Corte nei confronti del Belgio e della Grecia. È certamente un riferimento serio. Tuttavia, siccome nella risoluzione facciamo dei discorsi generali senza riferimenti a casi specifici, penso che sia opportuno togliere questo riferimento.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 16)

Io respingo questo emendamento perché non trovo corretto far ricadere la responsabilità della lunghezza delle procedure sui richiedenti asilo e il testo nell’originale invece ritiene che si debba prestare attenzione al fatto che qualche volta le procedure lunghe possano, appunto, gravare sui richiedenti asilo, per cui il parere è contrario.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 7)

Io condivido l’esistenza di deficienze nel sistema e la necessità di migliorarle. Tuttavia, la formulazione proposta dall’emendamento è troppo semplificatrice e io preferisco mantenere quella più articolata del testo originale, per questo sono contrario.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 8)

Il punto cruciale di questo paragrafo 7, che l’emendamento propone di cancellare, è proprio l’affermazione che the Dublin system is dysfunctional. Qui non è una questione di ideali o di principi ma proprio di sua “funzionalità”. Io penso che sia molto importante che questo giudizio rimanga nel rapporto, per questo sono contrario.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 2)

L’emendamento contiene degli elementi molto importanti e seri come il ricorso ai visti umanitari e ai resettlements. Tuttavia, nell’ultima parte, mescola questo alle regole che riguardano le responsabilità dei tour operator e francamente mi sembra che introduca qualche elemento di confusione, per cui ho espresso un parere contrario.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 9)

Sono contrario all’emendamento perché il testo non dice che noi dobbiamo rispettare in modo assoluto le preferenze dei richiedenti asil,o ma che dobbiamo taking greater account di queste preferenze e questo mi sembra un segno di rispetto, perché non sono criminali a cui chiediamo in quale prigione vogliono essere portati, ma sono esseri umani che devono essere ascoltati anche se non sempre le loro preferenze potranno essere rispettate, per cui sono contrario.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 5 e 10)

Penso che invece sia importante mantenere l’invito, fino a che il sistema di Dublino è in vigore, a un reflexive recourse a questo criterio dell’irregular border crossing che è esattamente il principio che viene utilizzato per ingessare il regolamento di Dublino e quindi io sono contrario a questa proposta.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, subemendamento all’emendamento 25)

Sono d’accordo con la proposta della Commissione giuridica di spostare questo riferimento, chiedo però che venga mantenuta la citazione della Corte di Giustizia dell’Unione europea perché il riferimento alla giurisprudenza dell’Unione è importante proprio perché stiamo trattando di un regolamento dell’Unione europea.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, subemendamento all’emendamento 26)

Siamo d’accordo con la proposta della Commissione giuridica sulla sua formulazione, proponiamo però di inserirla al paragrafo 9.7 anziché al paragrafo 10.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 15)

Sono contrario perché il paragrafo parla di uno status dell’ “European refugee” che è un concetto molto importante. Come ho ricordato prima, è presente nel trattato di Lisbona e quindi penso che sia importante richiamare questo principio fondamentale dell’Unione europea.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 14)

Sono contrario perché il testo parla chiaramente di criterio dell’irregular border crossing come base per determinare lo Stato responsabile. Quindi noi non proponiamo di eliminare l’irregolarità ma solo che questa irregolarità venga assunta come principio per determinare lo Stato responsabile, che è uno dei problemi posti dal regolamento di Dublino, per questo siamo contrari.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 4)

Capisco il contenuto, però io preferisco mantenere la formulazione originaria perché nella formulazione originaria quello che noi chiediamo con forza e con urgenza è una immediata valutazione del sistema di Dublino che consideri tutti gli effetti. E questo è il messaggio chiaro che noi dobbiamo dare ai paesi membri e all’Unione.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 11)

Condivido con il collega CHOPE la necessità di invitare in modo forte questi paesi a sottoscrivere la Convenzione. Tuttavia, la nostra risoluzione si rivolge agli Stati membri e all’Unione europea, quindi non credo che questo sia il contesto adatto ad un’iniziativa che forse l’Assemblea può riprendere in altri luoghi, per questo sono contrario.

Milena SANTERINI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 13)

La richiesta di domanda di asilo non può essere considerata un attacco all’integrità territoriale o alla sovranità nazionale, quindi non è necessario chiedere più misure di rinforzo.

Milena SANTERINI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13866, Emendamento 17)

La richiesta di asilo è un diritto che va tenuto distinto da eventuali procedimenti a carico delle persone che la richiedono quindi non riterrei necessario questo emendamento.