IT17CR04ADD I      

AS (2017) CR 04
Versione provvisoria

 

SESSIONE ORDINARIA 2017

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(Prima parte)

ATTI

Della quarta seduta

Martedì 24 gennaio 2017, ore 15.30

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI

Maria Edera SPADONI (Italia, NR/NI)

(Doc. 14229)

L'Italia ha un problema di libera informazione? Senza dubbio. Non a caso siamo un paese, considerato parzialmente libero da Freedom House, l'organizzazione non governativa internazionale, che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani.

Ma in Italia ci sono stati e continuano ad esserci, purtroppo, attacchi e minacce a giornalisti che quotidianamente compiono il loro dovere, a costo della vita. Credo sia opportuno ricordare in questa sede alcuni giornalisti che sono stati uccisi dalla criminalità organizzata:

Cosimo Cristina ucciso a Termini Imerese nel 1960.

Mauro De Mauro ucciso a Palermo nel 1970

Giovanni Spampinato, ucciso a Ragusa nel 1972

Giuseppe Impastato, ucciso a Cinisi nel 1978

Mario Francese, ucciso a Palermo nel 1979

Giuseppe Fava ucciso a Catania nel 1984

Mauro Rostagno ucciso a Trapani nel 1988

Giuseppe Alfano ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) nel 1993

Giancarlo Siani, ucciso a Napoli nel 1985

Carlo Casalegno, ucciso a Torino nel 1977

Walter Tobagi, ucciso a Milano nel 1980.

Non si possono poi dimenticare anche i giornalisti uccisi all'estero in circostanze diverse, come Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, per citarne alcuni. Tutti esempi di giornalisti con la schiena dritta che fanno il loro lavoro: ma le mafie non stanno a guardare, per un capoverso di troppo ti fanno pervenire prima un segnale, poi una busta con un proiettile, poi un incendio. Le mafie vogliono il silenzio. Chi sta a guardare è invece la politica; in Italia c’è una lunga tradizione di neutralità e a volte anche di ostilità nei confronti di chi informa.

L'articolo 21 della Costituzione italiana stabilisce che "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure."

Ma è davvero così? In Italia assistiamo negli ultimi anni al fenomeno delle querele pretestuose. Molte denunce per diffamazione prevedono il reato di calunnia per il quale il codice penale (art.388) prevede la condanna da due a sei anni.

Molto, se si pensa che l'abuso d'ufficio, cioè quel reato in cui il pubblico ufficiale, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Molti commettono questo abuso allo scopo di intimidire e zittire chi è impegnato a riferire ai cittadini fatti di rilevante interesse pubblico, e quindi chi svolge una funzione di pubblico interesse. Per questo è partita una campagna in Italia a tutela dei giornalisti.

Un giornalista che scrive di fatti veri e verificabili ma scomodi, non deve venir minacciato, o, peggio ancora, querelato anche senza motivo invocando la diffamazione, al solo scopo di fare pressioni affinché non si occupi di un fatto di pubblico interesse.

Dobbiamo far si che la libertà di espressione sia tutelata sotto ogni punto di vista.