IT17CR05

AS (2017) CR 05
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2017

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(Prima parte)

ATTI

Della quinta seduta

Mercoledì 25 gennaio 2017, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Adele GAMBARO (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14228)

Presidente, Colleghi.

Il primo dovere del giornalismo è quello nei confronti della verità. E tra i capisaldi di ogni sistema democratico risiedono, al contempo, la libertà e la credibilità dell’informazione.

Partendo da questi due concetti, non si può non rimarcare come Internet sia uno strumento meraviglioso, in grado di accorciare se non annullare le distanze. Per quanto riguarda l’informazione, però, la rete rappresenta un’arma a doppio taglio. Da un lato, infatti, i media online hanno permesso all’opinione pubblica mondiale di venire a conoscenza delle sofferenze umane che si verificano in luoghi lontani ed ai quali i mezzi di informazione tradizionali, troppo spesso, prestano scarsa attenzione. Dall’altro, però, la rete offre a ciascun utente una libertà che nulla ha a che fare con il sacrosanto diritto di espressione, trasformandosi semplicemente in un sinonimo di totale mancanza di controllo, laddove controllo vuol corretta informazione a tutela degli utenti. È infatti sotto gli occhi di tutti il danno che può comportare la diffusione di una notizia sbagliata e distorta. Le notizie false, o fake-news, ci sono sempre state ma mai sono circolate alla velocità di oggi, nel circuito istantaneo della rete. Ed è anche grazie al dibattito sulla cosiddetta “post verità” - che sembra infastidire alcuni - che noi qui oggi stiamo affrontando queste tematiche.

Nel mio paese, l’Italia, in questi giorni è stata proposta l’idea, che mi lascia un po’ perplessa, di affidare a un’authority indipendente il compito di vigilare e rimuovere le fake news. Credo, invece, che sia meglio impegnarsi a disciplinare la vita online come la vita offline, usando gli strumenti già a disposizione nei nostri ordinamenti giuridici nazionali, le leggi contro le informazioni false, illegali e lesive della dignità personale. Ciò consentirebbe ai colossi della rete l’uso di selettori software per rimuovere i contenuti falsi, pedopornografici o violenti. In questo contesto, e qui lo scopo di questo rapporto, rimane fondamentale aggregare la collaborazione digitale tra i diversi paesi, oggi ancora carente. Ciò ridiscutendo del tabù dell’anonimato, della trasparenza e della proprietà dei media online, del diritto di replica, del diritto all’oblio, della protezione della privacy e della rimozione dei contenuti online. Per ciò che riguarda i comportamenti sanzionabili, è giusto ricordare che nei nostri ordinamenti giuridici nazionali, i giornalisti nell’esercitare il diritto di cronaca, per evitare di incorrere in sanzioni civili o penali, si devono attenere scrupolosamente a regole molto stringenti. I mezzi di comunicazione a stampa e le emittenti radiotelevisive e tradizionali sono editorialmente responsabili dei loro contenuti. Per contro, i media online sono spesso meno trasparenti, specie per quanto riguarda i loro responsabili editoriali, la loro proprietà e la loro sede legale. Ciò potrebbe frapporre difficoltà alle persone desiderose di adire vie di ricorso contro informazioni false o illegali e opinioni diffamatorie diffuse sui media online.

Vale la pena di soffermarsi, poi, sul concetto stesso di “notizia”. Un concetto che è sicuramente mutato nel passaggio dai media tradizionali ai social media e alle piattaforme online per contenuti generati dagli utenti, dove si è imposto “l’infotainment”, vale a dire la mescolanza di informazione e intrattenimento, tipicamente sfruttabile a fini commerciali. Ma il rischio tra la mancata distinzione di notizie frutto di una professionalità e notizie diffuse sul web senza alcun criterio professionale, risiede proprio qui: chiunque, infatti, può dire quello che vuole, per la più che legittima libertà di espressione già citata all’inizio. Ma se il pubblico di Internet prende per buono e fondato qualsiasi cosa circoli online senza più distinguere tra vero e falso, il pericolo è enorme, soprattutto quando i temi trattati riguardano aspetti sensibili della società, come per esempio la sanità. In Italia, in queste settimane, è in corso un dibattito molto acceso e molto poco scientifico sull’opportunità delle vaccinazioni.

La nostra Assemblea ha, a questo proposito, osservato con preoccupazione il numero di campagne dei media online, miranti a fuorviare settori dell’opinione pubblica attraverso informazioni intenzionalmente tendenziose o false, campagne d’odio contro individui e anche attacchi personali, spesso in ambito politico, volti a minare i processi democratici. Partendo da questo ragionamento riusciamo ad intravvedere il pericolo che i mezzi di comunicazione di massa siano adoperati per manipolare l’opinione pubblica. Un dibattito che sicuramente non è nuovo. Cionondimeno il problema sta nel modo in cui la pervasività dei media ha aumentato tale rischio, e nella nostra capacità o meno di dare una risposta efficace a questa minaccia. Il tutto mentre il giornalismo vive un momento di crisi senza precedenti, perché il nuovo panorama dei mezzi di informazione incide anche sul loro finanziamento.Se prima gli abbonamenti rappresentavano una fonte di introiti sicura, l’accesso gratuito ai media su Internet ha ridotto la propensione degli utenti ad abbonarsi. Allo stesso modo, i proventi derivanti dalla pubblicità si sono spostati dalla pubblicità generica sulla stampa o sui mezzi radiotelevisivi alla pubblicità mirata su Internet, basata sulla profilazione dei dati personali, la raccolta dei cosiddetti “big data”, sulla quale si è già discusso in seno al Consiglio d’Europa in occasione di importanti audizioni. Per esempio la videoconferenza di Snowden, qui, al Consiglio d’Europa.

Alla luce di questo spostamento di risorse, dai giornali verso i fornitori di servizi su Internet e i social media, l’Assemblea ha espresso forte preoccupazione per la perdita di terreno dei mezzi di informazione professionali e per la crescita esponenziale di media su Internet che non si conformano alle norme giornalistiche professionali. Le difficoltà finanziarie hanno avuto e seguitano ad avere un impatto negativo sulle risorse umane, facendo calare il numero dei giornalisti e degli addetti editoriali, e riducendo la sicurezza dell’impiego, delle condizioni economiche e lavorative dei professionisti del settore.

Concludendo, vorrei ribadire che c’è un motivo per cui la stampa è regolata da leggi e carte deontologiche, ed è la tutela dei giornalisti ma anche dei fruitori di notizie.

Cari colleghi, viste le problematiche analizzate e il ruolo che spetta a noi parlamentari dei quarantasette paesi membri del Consiglio d’Europa per porvi rimedio, vi ricordo alcune considerazioni del presente rapporto che intendono apportare soluzioni concrete:

Gli Stati membri dovrebbero:

1. Elaborare una normativa coerente e/o incentivi a un’autoregolamentazione riguardante la responsabilità dei principali operatori di Internet;

2. Assicurare la tracciabilità da parte delle forze dell’ordine degli utenti dei media online quando violano la legge; i media online non devono diventare una zona fuorilegge grazie all’anonimato degli utenti;

3. Avviare, sia a livello nazionale sia in seno al Consiglio d’Europa, discussioni su norme e meccanismi necessari per prevenire il rischio di distorsione delle informazioni o manipolazioni dell’opinione pubblica;

4. Riconoscere nella legislazione e nella prassi un diritto di replica o vie di ricorso equivalente, che consenta la veloce rettifica di un’informazione erronea sui media online;

5. Infine, mettere le emittenti radiotelevisive pubbliche nelle condizioni di sfruttare appieno le possibilità tecniche offerte dai media online, assicurandosi che la loro presenza su Internet si conformi agli stessi standard editoriali elevati utilizzati offline; in particolare, i media del servizio pubblico dovrebbero dar prova di particolare attenzione rispetto ai contenuti generati dagli utenti o da terzi e pubblicati sulla loro versione Internet;

Colleghi, credo che si tratti qui di una battaglia di civiltà che, sono sicura, la nostra Assemblea Parlamentare sentirà di appoggiare.

Ricordiamoci che in un mondo sommerso da informazioni prospereranno i media che, grazie alla loro qualità, sapranno guadagnarsi la fiducia dei lettori.

Vi ringrazio per l’attenzione e ringrazio anche la Commissione Cultura per il prezioso contributo e aiuto che ha svolto con cura e professionalità nella stesura del presente rapporto.

Grazie.

Milena SANTERINI (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 14228)

Grazie Presidente,

Siamo preoccupati per la diffusione del discorso di odio e per il fatto di essere impotenti di fronte a un fenomeno così vasto. Per questo io ringrazio le relatrici per il loro buon lavoro su un tema che il Consiglio d’Europa tratta da tempo. Penso alla campagna contro l’hate speech, di cui ha parlato or ora la signora Brasseur. Questo tema è collegato alla forza della nostra democrazia come lo dimostra il dibattito sulle fake news e sulla campagna elettorale negli Stati Uniti.

Dobbiamo partire dalle normative che già ci sono. Penso alla decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea del 2008 sulla lotta al razzismo e la xenofobia. Questa è la base giuridica per definire i contenuti illeciti online, perché il web non è la terra di nessuno, devono valere le stesse regole che valgono per i media. Sappiamo infatti che l’odio ha molti bersagli, ma soprattutto le minoranze, gli immigrati, i profughi, recentemente, e da sempre gli ebrei, i musulmani, i rom o semplicemente chi non ci piace. Ci sono molti contenuti omofobi, le donne sono prese di mira. Molti sono cauti per non limitare la libertà di espressione. Ma sarebbe paradossale che non agissimo perché è già chiaro che il discorso di odio non ricade sotto la protezione dell’articolo 10 della Cedu.

Io vorrei sintetizzare due azioni del Consiglio d’Europa.

La prima è quella di promuovere l’autoregolazione delle grandi centrali dei social media, Facebook, Twitter, YouTube, Google. Nel maggio del 2016 hanno sottoscritto con la Commissione europea un codice di condotta giuridicamente vincolante che li impegna a esaminare caso per caso e a rimuovere entro 24 ore i contenuti che incitano all’odio. Bene, un monitoraggio nei mersi seguenti ha fatto emergere che le compagnie informatiche hanno rimosso solo il 30% dei contenuti e nessuno nelle 24 ore. Quindi dobbiamo vegliare sulla applicazione degli accordi.

La seconda è il contrasto all’odio e il sostegno a chi già lo fa. Esistono associazioni, blogger, gruppi che combattono l’odio. Dobbiamo aiutarli. Nell’ambito dell’Alleanza parlamentare contro l’intolleranza e il razzismo, in alleanza con la campagna hate speech, ho promosso la segnalazione di siti, blog, gruppi sportivi, scuole che attivamente combattono l’odio, per dare loro una sorta di riconoscimento. E invito tutti i colleghi a segnalare all’Alleanza parlamentare questi siti attivi, perché noi abbiamo strumenti per reagire che non sono solo quelli della punizione e del controllo, ma quelli del dialogo e della persuasione. Ci sono macchine dell’odio nel web, ma anche persone che si sfogano coi potenti o coi più deboli.

Il discorso di odio assomiglia all’urlo, ma si può rispondere con l’arma potente delle parole.

Adele GAMBARO (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14228)

Grazie Presidente.

Io ringrazio davvero tutti i colleghi che sono intervenuti perché ognuno di loro ha portato qualcosa di nuovo, qualche soluzione a questa nuova sfida che ci riguarda in modo molto diretto e alla quale noi dobbiamo assolutamente preparaci e prendere qualche disposizione. Ne citerò alcuni. Mi dispiace, ho pochi minuti quindi non vi potrò citare tutti.

La signora JOHNSSON ha evidenziato come le donne siano particolarmente prese di mira in queste campagne di odio. Il signor MUNYAMA propone di migliorare gli algoritmi per le campagne d’odio nella rete e questa mi sembra una soluzione molto giusta. Il signor MAHOUX ci ha ricordato i problemi dei giovani, che sono le prime vittime di queste campagne - e abbiamo visto anche la lettera della collega CENTEMERO – e ci ricordava che purtroppo ci sono anche tanti suicidi tra i giovani. Volevo ricordare al signor BLENCATHRA che è vero che i giornali sono colpevoli e che non c’è solo il problema di Internet, però qui siamo davanti a una nuova sfida, infatti noi non abbiamo denominato questo rapporto “Libertà di parola su Internet”, glielo ricordo, ma “La sfida del giornalismo online”. Un altro riferimento che mi ha colpito è quello del signor COMTE, che condivido assolutamente, e cioè che siamo noi politici a dover dare l’esempio, il primo esempio, nel non fare discorsi violenti. E su questo faccio davvero un appello a tutti noi, perché spesso invece il politico nel suo modo di presentarsi ha dei discorsi violenti. E questo non va bene. Noi siamo politici e dobbiamo dare l’esempio. Molto interessante da parte della signora ZIMMERMANN la proposta della carta deontologica del web. Il signor LE DEAUT, che conosco ed è un esperto di queste materie, propone giustamente di regolamentare, con l’aiuto delle Nazioni Unite, il mondo completamente sregolato di Internet. E poi condivido con la signora FATALIYEVA la preoccupazione sulla sicurezza dei bambini, che sono sempre più esposti e soli. Mi congratulo con le colleghe Anne BRASSEUR e Milena SANTERINI per il loro impegno nella campagna contro i discorsi di odio e nella campagna particolare no hate, no fear del Consiglio d’Europa e invito tutti i paesi a farne parte. Ringrazio le colleghe Nicole DURANTON e Josette DURRIEU che parlano dell’importanza della prevenzione e degli esempi nei vari paesi.

Tutti voi avete apportato un importante contributo. Vi ricordo che se noi non iniziamo a regolamentare questo mondo, prevarrà la legge del più forte. Come sempre, quando c’è una mancanza di legge, prevale quella del più forte.

È quindi davvero importante iniziare tra di noi un lavoro in questo campo.

Grazie.

Maria Edera SPADONI (Italia, NR/NI)
(Doc. 14217, Emendamento 4 e subemendamento, richiamo al regolamento)

Grazie Presidente.

Vorrei intervenire sull’ordine dei lavori. Mi risulta che la relatrice dell’Ending cyberdiscrimination and online hate non sia presente, la collega MAIJ. Vorrei capire se crea un precedente il fatto che la relatrice non sia presente durante la discussione in Assemblea e se a livello regolamentare è tutto OK.

Grazie

Elena CENTEMERO (Italia, PPE/DC / EPP/CD)
(Doc. 14217, Emendamento 6 e subemendamento)

Favorevole.