IT18CR13

AS (2018) CR 13
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2018

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(Seconda parte)

ATTI

Della tredicesima seduta

Marted́ 24 aprile 2018, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Cristina de PIETRO (Italia, FDG / GDL)
(Doc. 14521)

Grazie Presidente.

Il cambiamento climatico è una delle sfide più impegnative per l’umanità e nei nostri rispettivi paesi ne stiamo già affrontando le conseguenze come le temperature sempre più elevate, l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi atmosferici spesso estremi e catastrofici, la desertificazione, l’acidificazione e l’innalzamento del livello dei mari e l’erosione costiera.

Tutto ciò ha gravi conseguenze per la salute umana, per gli ecosistemi e la biodiversità, le risorse naturali, alimentari ed energetiche. Le conseguenze sono pesanti anche sulle infrastrutture di base e i servizi necessari per le attività sociali ed economiche.

Il cambiamento climatico e le sue conseguenze incidono anche sulla sicurezza; la carenza di risorse come l’acqua, per esempio, può innescare conflitti fra le popolazioni colpite e flussi migratori difficilmente controllabili, vere e proprie emergenze umanitarie. Il nostro Gruppo è impegnato nel supportare gli Stati membri e le organizzazioni non statuali che operano per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

I problemi legati al cambiamento climatico hanno serie ripercussioni sulla politica estera in termini di stabilità e di sicurezza. Ne abbiamo purtroppo esempi in vari scenari di crisi nel mondo.

È compito di questa Assemblea mettere in atto una diplomazia del clima considerando il cambiamento climatico come una priorità strategica nei dialoghi diplomatici, supportando l’attuazione dell’accordo di Parigi e mediante uno sviluppo a basso impatto ambientale e l’eliminazione dell’uso del carbone e aumentando gli sforzi per evidenziare lo stretto nesso causale fra clima, uso corretto delle risorse naturali, prosperità, stabilità e migrazioni.

La diplomazia parlamentare dovrebbe assumere un ruolo attivo e di stimolo per gli Stati a legalizzare gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Accogliamo quindi con favore questa risoluzione e il lavoro svolto dal relatore pur con la consapevolezza che questa, così come altre risoluzioni adottate a livello internazionale, non ha purtroppo la forza cogente che servirebbe per affrontare in modo risolutivo il problema.

Ci chiediamo cosa potrebbe fare di concreto questa Assembla oltre a invitare con forza gli Stati membri ad attuare misure efficaci. Un punto molto importante della risoluzione è la richiesta di un maggiore coinvolgimento dei parlamentari nelle delegazioni ai meeting internazionali sul cambiamento climatico. Ciò è molto importante per stimolare i decisori politici nazionali ad adottare le azioni legislative necessarie a contrastare il cambiamento climatico.

Solo la somma delle varie azioni positive messe in atto ai vari livelli nazionali, regionali e locali, potrà produrre una reale inversione di tendenza di livello globale. L’impegno di questa Assemblea deve continuare per spingere tutti gli Stati membri a realizzare azioni concrete per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi e di quelli ulteriori, sempre più ambiziosi, che saranno indicati in futuro.

Grazie.

Vanessa D’AMBROSIO (San Marino, SOC / SOC)
(Doc. 14521)

Grazie Presidente,

Ringrazio il collega PRESCOTT per il grande lavoro svolto per questo rapporto e per il documento che andremo a esaminare e votare. Il tema dei cambiamenti climatici è una sfida prioritaria per ogni paese, ed è una questione strategica perché determina in maniera diretta gli effetti sul futuro, non solo in termini di qualità della vita, ma di sviluppo, anche economico.

Fare politiche nazionali sempre più rispondenti agli standard espressi nell’accordo di Parigi sul clima e dagli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, mettendo in campo una sinergia sempre più forte tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo con scambio di competenze e strumenti, potrebbe farci migliorare gli standard globali e limitare l’aumento della temperatura, con tutto ciò che ne consegue.

Potrei ora parlare in generale sul documento o di come il passo indietro dell’amministrazione statunitense mini il risultato complessivo delle azioni impresse nella Convenzione di Parigi, ma sono la capo delegazione di San Marino e il mio paese è uno di quelli che, nella relazione, vengono sollecitati alla ratifica della convenzione.

Il mio paese è pronto alla ratifica nel prossimo mese di settembre. Questo è un annuncio che posso fare già in questa Assemblea ed è una prima risposta che posso dare anche al documento all’ordine del giorno. Siamo e saremo quindi impegnati a provvedere alla riduzione di almeno il 20% delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030.

In questo poco tempo che mi rimane, voglio portare a conoscenza dell’Assemblea cosa San Marino sta già mettendo in campo per portare il proprio contributo in termini locali e quindi globali; perché come ogni politica che riguarda il clima, la parola chiave è “glocal”: agire locale per avere effetti globali.

La Repubblica di San Marino ha già emanato una legge per incentivare attraverso sgravi importanti l’acquisto e l’utilizzo di veicoli elettrici e implementando le colonnine per la ricarica degli stessi. Stiamo lavorando alla realizzazione di percorsi verdi che colleghino tutto il territorio per promuovere la mobilità sostenibile. Infine, due importanti obiettivi strategici: “San Marino Bio”, ovvero convertire tutte le coltivazioni in territorio al biologico e il “Nuovo piano regolatore generale”, che ha come obiettivo di trasformare San Marino nel giardino d’Europa, quindi disegnare lo sviluppo urbanistico ed economico della Repubblica.

Concludo il mio intervento ricordando che nel 2017, l’earth overshoot day, ovvero il giorno in cui esauriamo le risorse che la Terra ci mette a disposizione per l’anno, è stato il 2 agosto, segnando un nuovo record negativo. Come dice la relazione, non abbiamo un secondo pianeta, quindi non possiamo esimerci dall’accostare, con politiche attive, la sostenibilità allo sviluppo e non possiamo sprecare le risorse come ormai stiamo facendo da ormai troppi anni.

Grazie.

Laura PUPPATO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 14521)

Grazie Presidente.

Vorrei partire da un paio di dati positivi che nessuno certamente considerava possibili un paio di decenni fa, per dire lo sforzo fatto, ma soprattutto per dire quanto ancora possiamo fare. Il 23% in meno rispetto al 1990 è la quantità di riduzione di gas serra, mentre abbiamo avuto dallo stesso anno, un +53% nel prodotto interno lordo dell’Europa.

Ebbene, praticamente, a parità di PIL si sono dimezzate le emissioni. L’Unione europea è passata dal 17,3%, quindi al 9% delle emissioni mondiali, ma c’è uno spazio enorme di ulteriore efficienza. Ora, la differenza interna al prodotto interno lordo, all’interno dell’Unione europea, lo sta a dimostrare. La risoluzione quindi che – e lo ringrazio – viene proposta dal collega Mr. John PRESCOTT, ha aspetti molto positivi. Ribadisce l’urgenza, l’importanza di punti quali il rafforzamento dell’economia circolare e il sostegno verso un’economia a bassa emissione di carbonio, low carbon.

Ma volevo puntare l’attenzione, proprio partendo dai dati iniziali, verso ulteriori due punti che mi paiono importanti, e cioè: sollecitare i paesi membri a politiche fiscali che distinguano processi produttivi a basse emissioni e prodotti ecocompatibili rispetto ad altri sistemi produttivi tradizionali o prodotti privi di materia prima e seconda o addirittura prodotti ad obsolescenza programmata, che purtroppo continuano ad esistere sul mercato e sono un grave danno.

Inoltre, dobbiamo – io credo sempre di più, grazie a un buon lavoro anche del Parlamento europeo - promuovere l’eco-design e la ricerca – è stato detto dai colleghi - usando a tal fine tutti gli strumenti dei fondi europei disponibili. Inoltre, si accelerino le riduzioni dei gas fluoroderivati e dei gas da idrofluorocarburi, visto il loro pesantissimo aspetto sull’impatto dell’atmosfera.

Ultimo, nessuna semplificazione tra prodotto interno lordo e riduzione di gas a effetto serra, senza considerare gli sforzi che alcuni molti paesi – alcuni paesi, non molti – hanno già fatto. Vi sono paesi – non voglio fare nomi, tanto li conosciamo- che per prodotto interno lordo già oggi sprecano meno della metà rispetto allo stesso prodotto interno lordo di altri paesi. Dunque, vi sono ampissimi margini di manovra affinché si possa effettivamente ridurre, non il prodotto interno lordo ma, pur incrementandolo, ridurre l’impatto dei prodotti europei nell’ambiente. E questo, credo, sia un elemento da tenere in alta considerazione.

Grazie davvero.

Sergio DIVINA (Italia, NR / NI)
(Doc. 14510)

Grazie Presidente,

Innanzitutto, va detto che la situazione attuale nel Mediterraneo è il frutto di una serie di politiche sbagliate partorite perlopiù oltreoceano dall’amministrazione Obama precedente a quella attuale. L’obiettivo era quello di liberare il Nordafrica dai dittatori e così si sono alimentate le primavere arabe che poi hanno destabilizzato quei paesi, più che normalizzarli. Sono caduti i presidenti Ben Ali, Gheddafi e Mubarak, ma al disegno mancava ancora l’ultimo presidente siriano, Bashar al-Assad. Nel 2011 è infatti scoppiata la guerra civile in Siria, ma da qui sono scaturiti una serie di conflitti, da sempre latenti in quell’area: lo scontro interno al mondo islamico, tra il mondo sunnita guidato dai paesi del Golfo e quello sciita con a capo l’Iran; sono riaffiorate le tensioni tra Russia e blocco occidentale, sempre capitanato dagli Stati Uniti; lo scontro tra Israele, Iran e gli hezbollah; ed infine tra la Turchia e le entità curde che conosciamo.

Tutti questi conflitti hanno permesso una collaborazione e una vicinanza tra i vari gruppi fondamentalisti e così hanno consentito l’ascesa di Isis, o Daesh, cioè la nascita dello stato islamico. Da un rapporto dell’ International Centre for the Study of Radicalisation (ICSR), noi sappiamo anche come Daesh si alimenti, ossia da una connessione tra fonti di reddito e territorio controllato. Le fonti di reddito sono tasse, imposte, vendite di petrolio, rapimenti a scopo di riscatto, vendita di beni archeologici, razzie, confische, saccheggi, ecc. E i problemi finanziari di Daesh sono in sostanza legati alla dipendenza della popolazione dal territorio che controlla. Le entrate di Daesh – Mr. WILSON, abbiamo numeri un po’ diversi – sono passate dagli 1,9 miliardi di dollari del 2014 a 870 milioni del 2016. Sicuramente oggi sono ancora meno, se consideriamo che nel 2017 Daesh ha perso due grandi città, Mosul in Iraq e Raqqa in Siria che era la capitale di Isis. Questi sono i centri urbani maggiori dove si concentra la maggior parte della popolazione e ciò significa anche vi si concentravano le maggiori entrate fiscali per il gruppo.

Daesh è stato sconfitto militarmente, ma non è finito. Va combattuto fino all’estinzione. Sempre dal rapporto dell’ICSR si evince che Daesh è presente in 39 paesi del mondo, tra cui quasi tutti paesi che fanno parte del Consiglio d’Europa. Sul fronte finanziario dobbiamo fare un’osservazione. Va osservata fino in fondo la Convenzione di Varsavia, che è stato il primo strumento internazionale di controllo sul riciclaggio di denaro per finanziare il terrorismo, ma anche la nuova Convenzione di Nicosia, firmata nel maggio del 2017, relativa al traffico illecito di beni culturali. Solo Cipro ha ratificato questa convenzione, e poiché servono almeno tre stati del CdE affinché entri in vigore, esortiamo i nostri governi a far sì che firmino rapidamente.

La risoluzione di Phil WILSON per noi va appoggiata, ma il contrasto a Daesh va perseguito e coordinato con tutti i nostri paesi, sia militarmente che con tutti gli strumenti che tolgano l’ossigeno, cioè le risorse finanziare e vitali per questa organizzazione criminale.

Grazie.