IT18CR26

AS (2018) CR 26
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2018

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(Terza parte)

ATTI

Della ventiseiesima seduta

Giovedì 28 giugno 2018, ore 16.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Vanessa D’AMBROSIO (San Marino, SOC / SOC)
(Doc. 14568)

Grazie Presidente.

L’articolo 3 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sancisce un principio fondamentale. In ogni legge, provvedimenti, iniziativa pubblica o privata, e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino o adolescente deve avere la priorità. Si parla del superiore interesse del minore, principio che non deve mai venire meno. Nella relazione del collega GHILETCHI, che ringrazio, è ben chiaro questo concetto e lo si mette a confronto con quelle che sono le scelte di ogni singolo paese.

Qui si pone la domanda: qual è il punto di equilibrio? Il metro di riferimento per cui si soddisfa pienamente il superiore interesse del bambino da una parte, di crescere insieme ai propri genitori, e dall’altra, di riconoscere quando la situazione richiede un allontanamento? A ciò si aggiunge una terza variabile, tacita ma presente: che politiche applica il singolo Stato? Protettive pro domo sua, flessibili sulla base dell’evidenza del singolo caso, o rigide? Questa terza variabile è di primaria importanza perché ha conseguenze sugli operatori e sulle famiglie, e di conseguenza sui minori.

Voglio portare un piccolo esempio alla vostra attenzione, ovvero come la legislazione e i soggetti interessati operano nel mio paese, San Marino. Noi abbiamo una normativa che tutela i minori, in linea con la convenzione ONU e le best practices a livello internazionale. Alle normative si affianca l’Istituto per la Sicurezza Sociale, che rappresenta tutti i servizi sociosanitari del mio paese, con il servizio minori.

Il servizio minori, insieme al tribunale, segue i singoli casi e considera il percorso più adeguato, tenendo l’allontanamento dei minori come estrema ratio. Di qui, varie soluzioni che coinvolgono non solo il minore, ma anche i genitori e in alcuni casi la famiglia più estesa.

Chiaramente il mio paese è di ridotte dimensioni, quindi certamente è più facile fare un monitoraggio costante e trovare soluzioni su misura, seguire i singoli casi, e anche gli operatori a tutti i livelli coinvolti.

Ma quando nella relazione si scrive: “Garantire che il sistema di assistenza ai minori sia aperto e trasparente al fine di rafforzare la legittimità dell’interesse nel sistema, ivi compresa la necessità che i cambiamenti siano ben documentati in tutte le fasi del processo e che i procedimenti giudiziari siano a misura di bambino e accessibili, nonché per migliorare la raccolta e la ricerca dati” ci si riferisce anche a questi “protocolli”, se così li vogliamo chiamare.

In conclusione: nessuno mette in dubbio la responsabilità e le difficoltà di chi lavora nel campo della protezione dei minori. Nessuno mette in dubbio la difficoltà di trovare il giusto punto di equilibrio, ma tutti siamo chiamati a porci delle domande, a ricercare soluzioni per formare in modo sempre più adeguato gli operatori e i professionisti del settore, a creare una memoria dati strutturata e sempre aggiornata e, aggiungo, trovare il modo di mettere “in rete” e quindi “connettere” le nostre diverse realtà nazionali, per uno scambio di esperienze, sensibilità e know-how nell’interesse supremo del minore.

Grazie.

Vanessa D’AMBROSIO (San Marino, SOC / SOC)
(Doc. 14574)

Grazie Presidente.

Ringrazio la collega FRESKO-ROLFO per aver portato una relazione veramente ben fatta su un tema così importante e tragico. Come ricordato, i matrimoni coatti sono una forma di violenza contro le donne e una violazione dei diritti fondamentali. Per questo è essenziale che ogni singolo paese adotti misure per contrastare il fenomeno, si assicuri che le potenziali vittime abbiano accesso ai servizi di supporto e ai meccanismi di prevenzione. In altre parole, che si attivi una fitta rete sociale.

I numeri spaventano: 39 mila - ripeto, 39 mila - giovani ragazze ogni giorno nel mondo diventano spose molto prima di aver raggiunto la maggiore età. Oltre un terzo di loro ha meno di 15 anni. Stiamo parlando di bambine. È una tragedia troppo spesso taciuta o non individuata. Il matrimonio coatto rappresenta una violenza fisica e psicologica perpetrata dalla famiglia, dall’adulto che la prende in sposa e spesso dalla stessa comunità in cui la ragazza o la bambina vive.

A queste violenze si aggiungono altre variabili, chiamiamole così, come il fatto che la ragazza dovrà interrompere la sua formazione scolastica in modo brusco, che verosimilmente non avrà accesso al mondo del lavoro e quindi che dipenderà totalmente dal coniuge.

Non bastasse ciò, valutiamo l’aspettativa di vita. Il rischio di malattie e morte precoce aumenta esponenzialmente. Pensiamo alle emorragie, le violenze, i possibili parti in un’età in cui dovrebbero solo preoccuparsi di sognare e di formarsi. Il matrimonio coatto è il simbolo della cattiveria umana e del rifiuto di riconoscere la donna in quanto individuo e di riconoscere la sua integrità e la sua autodeterminazione. È una barbarie, sono bambine, non oggetti, sono esseri umani, non pezzi di carne.

Non esistono ragioni per tollerare nel 2018 i matrimoni coatti. Non esistono tradizioni che possono essere usate come scudo. Parliamo di violenza, in molti casi di pedofilia, di crudeltà. Le tradizioni ci devono dare i valori e non farci accettare l’inaccettabile. Mi scuso se mi sono accalorata, ma non riesco a rimanere indifferente nei confronti di ragazze che possono avere l’età di mia sorella o delle mie nipotine.

Abbiamo il dovere come parlamentari di combattere e contrastare i matrimoni coatti così come ogni altra forma di rifiuto dei diritti umani della persona.

Ringrazio ancora una volta la relatrice. Sono completamente d’accordo con quanto detto e scritto nella risoluzione e spero che le azioni non siano solo un punto di arrivo ma siano di impulso per misure sempre più efficaci e che ci vedano sempre più impegnati nel contrastare questo fenomeno.

Grazie