IT18CR27

AS (2018) CR 27
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2018

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(Terza parte)

ATTI

Della ventisettesima seduta

Venerd́ 29 giugno 2018, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Adele GAMBARO (Italia, GDL / FDG)
(Doc. 14566)

Grazie Presidente.

Il patrimonio culturale in ogni sua forma è una testimonianza unica e rilevante della storia e dell’identità dei diversi popoli, nonché un bene comune da preservare in ogni circostanza. In ragione del suo valore intrinseco, è stato commissionato, esposto, acquistato e venduto in piena legalità; ma è anche stato rubato, saccheggiato e reso oggetto di traffici e di falsificazioni per trarne un guadagno illecito. In Iraq e in Siria, in particolare, Daesh ha saccheggiato il patrimonio culturale della regione, ha deliberatamente distrutto importanti siti archeologici e ha tratto profitto dalla vendita di oggetti preziosi emersi durante gli scavi.

La presente relazione plaude alla nuova convenzione del Consiglio d’Europa sui reati relativi ai beni culturali adottata a maggio 2017 a Nicosia. Tale convenzione – bisogna ricordarlo – è l’unico trattato internazionale dedicato specificamente alla criminalizzazione dei traffici illegali di beni culturali. Ha stabilito una serie di fattispecie che vanno dal furto allo scavo illegale, all’importazione ed esportazione illegali, alla falsificazione dei documenti, alla distruzione deliberata dei beni culturali.

La presente relazione formula diverse raccomandazioni pratiche tra cui l’istituzione di un’autorità nazionale centrale e la partecipazione alla cooperazione internazionale tra paesi fonte, paesi di transito e quelli di destinazione finale per rendere possibile lo scambio di informazioni, l’armonizzazione della legislazione e la normalizzazione delle procedure.

Il precedente governo del mio paese, l’Italia, ha avuto modo di sottolineare l’importanza e il valore aggiunto di questo nuovo strumento legale del Consiglio d’Europa per rafforzare la protezione internazionale dei beni culturali. Mi auguro che anche da parte del nuovo governo italiano ci sia lo stesso interesse e la stessa attenzione su questo argomento. Perché, colleghi, le dimensioni del problema che emergono dall’ottima relazione del collega Stefan SCHENNACH, sono immense. Tra il 2008 e il 2010, il comando dei carabinieri per la protezione delle opere d’arte ha recuperato circa 44 000 reperti.  Ho avuto il piacere di incontrare e ascoltare alcuni esponenti dell’Arma dei Carabinieri in occasione delle audizioni della Commissione di Cultura del Consiglio d’Europa. Da quanto ha affermato, sembra che la maggior parte del traffico illecito di opere d’arte riguardi piccoli oggetti di basso valore individuale, la perdita dei quali ha un effetto globale distruttivo sul patrimonio e le testimonianze archeologiche e storiche come mosaici, tavolette con scrittura cuneiforme, sigilli, vasi, monete e oggetti di vetro.

Quindi sta diventando un problema assolutamente molto urgente e io ringrazio il collega e relatore Stefan SCHENNACH per l’ottima relazione e anche tutta la Commissione della Cultura.

Grazie. 

Elena CENTEMERO (Italia, PPE/DC / EPP/CD)
(Doc. 14573)

Grazie Signor Presidente.

Colleghe e colleghi, un lunedì di ottobre del 2016 migliaia di donne in Islanda hanno lasciato per protesta il loro posto di lavoro alle 14:38 e sono andate a manifestare per l’uguaglianza salariale. In proporzione alla differenza di retribuzione tra uomini e donne, il gender salary gap, a partire da quell’ora, il loro lavoro risultava non retribuito. Parliamo d’Islanda, il paese che da anni è il primo nell’indice di uguaglianza di genere, secondo l’indice stilato dal World Economic Forum. Anche lì, l’uguaglianza tra uomini e donne nell’economia non era ancora una realtà. Però si stanno lavorando, sperimentando nuovi strumenti con il sostegno di una forte volontà politica.

L’Islanda è stata una delle tappe della preparazione del rapporto che io presento oggi. In quel paese ho condotto una visita di informazione e altre visite mi hanno portata a Parigi e a Londra. Non si è trattato però di un lavoro puramente individuale. Oltre alle visite, e naturalmente alla ricerca, la preparazione di questo rapporto si è basata su un gran numero di audizioni che la Commissione ha tenuto nelle sue riunioni a Strasburgo, a Parigi e a Milano. L’interesse e la partecipazione dei colleghi a queste audizioni e il loro contributo in termini di idee e di opinioni è stato tale che considero questo rapporto anche come il frutto di un lavoro di tutta la Commissione. In ogni caso, questa partecipazione ha confermato la mia convinzione che l’uguaglianza tra donne e uomini resta un tema di grande attualità per non dire di urgenza.

Le disparità, ahimè, rimangono e rimangono elevate e continuano a crescere. Allo stesso tempo, misure innovative per colmare queste disparità sono ideate e adottate da vari paesi europei. Il fine ultimo di questo rapporto del progetto di risoluzione che oggi siamo chiamati a votare è in effetti quello di raccogliere queste soluzioni innovative e di proporle all’insieme degli Stati membri del Consiglio d’Europa perché possano farle proprie.

Abbiamo trattato diversi ambiti: la situazione delle donne che lavorano alle dipendenze, di quelle che hanno un ruolo manageriale all’interno delle aziende, di quelle che creano imprese. In riferimento a ciascuna di queste aree abbiamo individuato delle pratiche interessanti che in alcuni casi hanno già apportato buoni frutti, in altri devono ancora essere messe alla prova. Tra queste la legislazione britannica e tedesca in materia di trasparenza dei salari: le aziende sono chiamate a rendere pubblici i livelli di retribuzione che applicano secondo il tipo di qualifica e di mansioni.  Secondo: la certificazione delle aziende in materia di uguaglianza di trattamento. Una sorta di marchio di qualità che attesta che l’impresa non discrimina tra donne e uomini alle sue dipendenze. Questa normativa era stata appena adottata in Islanda all’epoca della mia visita. Terzo: le quote di genere nei consigli di amministrazione, una misura che non è poi così recente, ideata in Norvegia, e ormai parte della legislazione di numerosi Stati membri tra cui l’Italia.

Abbiamo esplorato alcuni aspetti meno conosciuti, come la disuguaglianza tra donne e uomini nella ricerca e tecnologia dell’informazione, il digital gap, e persino le differenze nell’autostima, il confidence gap, un tema delicato questo, perché si dovrebbe capire in che misura questa carenza vera o presunta di fiducia in se stesse è determinata dai condizionamenti culturali esterni. Certamente si può parlare di condizionamento esterno, anche per quanto riguarda la distribuzione ineguale tra donne e uomini della presenza nel campo delle materie scientifiche. Le donne – abbiamo verificato in diverse occasioni e dai diversi dati – non sono incoraggiate ad intraprendere la scelta del loro futuro, dei loro studi nelle discipline delle STEM, Science, Technology, Engineering and Maths, ma queste discipline sono sempre più centrali nello sviluppo e nell’economia. Sono la base della ricerca e dell’innovazione nelle imprese oltre che, naturalmente, della ricerca pura, e costituiscono il settore più promettente per l’impiego. E anche quando le ragazze scelgono questa area per i loro studi, spesso trovano poi un ambiente di lavoro poco accogliente per loro, perché costruito su misura per gli uomini.

Per questo, oltre alle misure a cui ho accennato sull’uguaglianza di salario e di trattamento in generale, il rapporto e il progetto di risoluzione sono un richiamo forte alla necessità di eliminare le barriere culturali all’uguaglianza tra donne e uomini cominciando proprio dall’istruzione.

Vanessa D’AMBROSIO (San Marino, SOC / SOC)
(Doc. 14573)

Grazie Presidente.

Ringrazio la collega CENTEMERO per la relazione, ringrazio anche le colleghe che hanno parlato a nome dei gruppi per il loro contributo e per gli interventi che mi rappresentano.

Qualche anno fa, mentre scrivevo la mia tesi di laurea, ho analizzato, tra gli altri, un report  dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro in cui si scriveva a chiare lettere che il gap, le distorsioni, le discriminazioni nei confronti delle donne in economie nel mondo del lavoro erano non solo un freno per l’economia stessa, ma impoverivano i singoli paesi. Erano e sono un freno, oltre ad essere un’ingiustificata discriminazione.

Le esperienze di società nelle quali c’è una maggiore uguaglianza di genere mostrano, lo dice la relazione, che un’equità tra donne e uomini in economia è una precondizione per lo sviluppo positivo anche in altre sfere, come la vita pubblica e politica. È chiaro che alla base di qualsiasi cambiamento o sviluppo c’è l’educazione, con il suo ruolo chiave. Educazione che si traduce in stimoli culturali che portano a superare gli stereotipi di genere, stereotipi che troppo spesso le stesse donne si accollano, perché ne sono immerse, purtroppo.

A questo punto, la domanda delle domande: cosa possiamo fare come parlamentari e cosa può promuovere questa Assemblea? Oltre alla sensibilizzazione, dobbiamo stimolare i nostri parlamenti nazionali ad individuare, legiferare e promuovere le contrattazioni con le parti sociali e datoriali nella direzione di una trasparenza dei livelli salariali, della promozione di contratti collettivi, ove possibile, del divieto delle dimissioni in bianco, e della salvaguardia del periodo di aspettativa per la maternità, estendendo questo diritto anche al compagno. Altri interventi sono quelli di stabilire delle quote di genere che, se devo essere sincera, è un tema che non mi trova completamente d’accordo, seppur necessario; incentivi verso l’imprenditoria femminile e l’assunzione di donne over 50.

Una misura che personalmente sto sostenendo molto, anche nel mio paese,  San Marino, è quella dello smart working, uno strumento di flessibilità straordinario che non pesa né sul salario né sulla qualità del lavoro, ma offre invece la possibilità di poter lavorare anche da remoto.

Ripeto, mi trovo totalmente d’accordo con i temi individuati nella relazione, anche perché sono punti strategici, sfide che determineranno non solo una maggiore equità, ma uno sviluppo economico e culturale importanti per i singoli paesi e per l’intera area.

Prima di concludere il mio intervento, un passaggio rispetto alla promozione della formazione delle carriere in ambiti scientifici, tecnologici, della matematica e dell’ingegneria. La sempre più crescente domanda nell’ottica dello sviluppo sostenibile è una grande opportunità per le donne. Però è chiara anche un’altra cosa: è dalle scuole che devono essere incentivati questi studi. Quindi è necessario far conoscere la storia delle donne che hanno fatto la storia - scusate il gioco di parole - in questi ambiti. Dobbiamo chiedere agli insegnanti di aprire i propri orizzonti e offrire prospettive più ampie a chi rappresenta il futuro dei nostri paesi: i ragazzi e le ragazze. Questo esercizio dovrebbe essere fatto in ogni campo, perché i giovani hanno bisogno di esempi positivi, di modelli a cui ispirarsi. Solo così avranno la forza il coraggio di mettersi in gioco, di sapere che non ci si deve accontentare, che l’equità non è un privilegio ma un diritto.

Voglio concludere, Presidente, ringraziando ancora la collega CENTEMERO e sottolineando una cosa: noi donne non chiediamo di essere trattate meglio degli uomini, ma vogliamo essere trattate alla pari, avere le stesse opportunità e vedere riconosciuti il nostro lavoro e i nostri valori. Ogni misura contro una maggiore equità significa non solo un’ingiustizia nei confronti delle donne e delle ragazze, ma un impoverimento per i nostri paesi e per la comunità.

Grazie

Elena CENTEMERO (Italia, PPE/DC / EPP/CD)
(Doc. 14573)

Grazie signora presidente.

Ringrazio tutti i colleghi e le colleghe che sono intervenuti. Ringrazio in particolar modo l’ultimo intervento del signor SCHENNACH che ha rimesso il tema sulla sua centralità. Vorrei sottolineare solo alcuni degli aspetti che tutti quanti i colleghi hanno evidenziato e vorrei ringraziarli per i loro interventi.

Innanzitutto, mi soffermo su una parte della risoluzione che a me sta particolarmente a cuore che è il tema dell’educazione. In realtà, quando noi parliamo di barriere che impediscono di fatto alle donne di inserirsi pienamente nel mercato del lavoro e nel mondo dell’economia, non è assolutamente vero che le donne che hanno talento, che hanno capacità, che hanno più studiato, che sono più formate possono accedere veramente ai ruoli decisionali. Questo, purtroppo, nella realtà non succede.

E chi usa il tema di essere contro le quote è chi vuole mantenere il potere esclusivamente nelle mani degli uomini. Noi donne non vogliamo fare una battaglia contro gli uomini. Noi vogliamo, esattamente come succede nelle famiglie dove le donne prendono insieme agli uomini le decisioni e quindi hanno le responsabilità all’interno dell’ambito privato, assumerci le stesse responsabilità nell’ambito pubblico. Vogliamo decidere insieme agli uomini, e quindi non in contrasto con gli uomini, dei nostri paesi, della vita futura dei nostri paesi, delle scelte dei nostri paesi. E voi, uomini, ci avete impedito fino adesso di farlo. Molte legislazioni, attraverso le quote - che sono temporanee - hanno consentito di avere più donne nell’ambito della politica. È la differenza si è vista. Io ho pagato in prima persona il lavoro relativo all’empowerment delle donne nel mondo politico.

Le barriere che esistono sono di tipo culturale e quindi nella relazione si mette in luce come sia necessario combattere gli stereotipi per cui le carriere scientifiche sono prevalentemente - i dati ce lo dicono - nelle mani degli uomini, mentre le donne scelgono altri percorsi perché hanno modelli che le spingono in quella direzione. La propensione verso le STEM si forma verso l’età di 14 anni e fondamentale è il ruolo che la scuola ha, che i docenti hanno, che gli insegnanti hanno per indirizzare le donne verso delle carriere dove ci sono posti di lavoro - la Commissione europea ci dice che ci sono 800 000 posti di lavoro nell’ambito delle STEM - e dove c’è una retribuzione più o meno simile per gli uomini, e ciò significa anche pensioni nel futuro simili.

Per combattere gli stereotipi bisogna agire all’interno del sistema educativo inserendo nei curricula - e questo l’aveva previsto anche una risoluzione del 2010 dello stesso Consiglio d’Europa sull’educazione ai diritti umani e alla democrazia - l’educazione civica e, all’interno di questo, un focus sulla parità di genere. Ma significa inserire anche l’educazione finanziaria - anche questo il Consiglio di Europa l’ha già detto - per permettere alle donne di dotarsi di quegli strumenti che esistono e che possono permettere loro di diventare micro imprenditori o imprenditrici e sviluppare una delle competenze chiave di cittadinanza che l’Unione europea ha sottolineato, che è proprio lo spirito di imprenditorialità.

Questo è un tema estremamente importante. E poi un altro aspetto che vorrei sottolineare è quello di strumenti innovativi che sono stati, per esempio evidenziati, nel suo intervento dalla collega di San Marino. Esistono coworking e smart coworking, tutti strumenti che i nostri Stati dovrebbero utilizzare. E nelle visite che ho fatto sono emersi - e sono presenti nel rapporto - alcuni aspetti che secondo me dovremmo cercare di condividere. In modo particolare quello della trasparenza. La trasparenza che significa innanzitutto, per l’Italia, un principio costituzionale purtroppo non rispettato: l’uguaglianza salariale. E quindi la trasparenza sull’assegnazione, a parità di posizione ovviamente, di un salario equiparato.

Voglio chiudere salutando questo consiglio d’Europa e mettendo in luce come la Commissione delle pari opportunità mi ha insegnato che i nostri paesi sono molto indietro sulla reale discriminazione o non discriminazione delle donne. È abbastanza significativo che a dire che le donne non sono discriminate sia stato un uomo in questa Assemblea. Dovrebbero essere le donne a dire se sono discriminate o non discriminate. Forse si vuole mantenere uno status quo. Forse - e lo vedo nel mio paese così come in altri - si vuole tornare indietro. Noi non vogliamo tornare indietro. Come ho detto prima, noi vogliamo assumerci la responsabilità, insieme agli uomini, esattamente come succede nelle famiglie, anche nello spazio pubblico di prendere delle decisioni per il bene dei nostri paesi.

Grazie

Elena CENTEMERO (Italia, PPE/DC / EPP/CD)
(Doc. 14573, Subemendamento all’emendamento 1)

Grazie Signora Presidente.

Il subemendamento all’emendamento 1 chiede di eliminare le parole “indeed motherhood is not just an economic driver, but is also a priceless contribution to society as a whole”.

Elena CENTEMERO (Italia, PPE/DC / EPP/CD)
(Doc. 14573, Emendamento 1 subemendato)

Favorevole.

Elena CENTEMERO (Italia, PPE/DC / EPP/CD)
(Doc. 14573, Subemendamento 1 all’emendamento 3)

Grazie Signora Presidente. Il primo subemendamento che la commissione ha votato e che proponiamo a questo emendamento è al paragrafo x.x.1 di cancellare, dopo le parole “caregiving work”, le parole “at the policy level”.

Elena CENTEMERO (Italia, PPE/DC / EPP/CD)
(Doc. 14573, Subemendamento 2 all’emendamento 3)

Grazie Signora Presidente. Il secondo subemendamento è quello di cancellare completamente il paragrafo x.x.2